Prima visione

Era il giugno del 2009 quando nelle sale italiane irrompeva il fenomeno Una notte da leoni, film sul quale in pochi avrebbero scommesso, a livello di successo, ma che divenne, ben presto, se non un culto, almeno un punto di riferimento del settore commedie. Il segreto, se così si può considerare, fu quello di catturare un pubblico eterogeneo pur nella sfrontatezza del suo stile comico (più idoneo ad un pubblico giovanile) miscelando, con intelligenza, la goliardia più pazza e pura all’archetipo del noir. Due anni dopo, Todd Phillips ci riprova puntando sull’usato sicuro, mantenendo, cioè, gli ingredienti di base del primo episodio.
A partire dagli stessi protagonisti del precedente Hangover alle prese con l’ennesimo addio al celibato finito male. A sposarsi, questa volta, è il dentista Stu, fidanzatosi con una thailandese il cui padre lo disprezza. Decidono di convolare a nozze proprio in Thailandia, nella sfarzosa villa dei futuri suoceri e, nonostante i buoni propositi del promesso sposo, la bevuta, due giorni prima della celebrazione, con gli inseparabili Phil, Alan e Doug, cui si aggiunge il futuro cognato, termina come a Las Vegas. La mattina dopo, infatti, si risvegliano in uno squallido albergo di Bangkok con la certezza di aver appena trascorso un’altra notte dissennata e trasgressiva ma senza ricordarne un solo frammento. Così, Stu si ritrova sul viso un tatuaggio come quello di Mike Tyson, Alan ha i capelli rasati, Phil scopre un dito mozzato in una coppa di ghiaccio, una scimmia cappuccina è nel bagno e del giovane cognato, adorato dal suocero, non vi è più traccia. Che fine ha fatto? Con questi pochi elementi, i tre dovranno, come nel primo film, ricomporre il puzzle in modo da ritrovare lo scomparso e presentarsi per tempo al matrimonio.
Chi non ha visto l’episodio precedente si divertirà in misura maggiore di coloro che, invece, non possono più contare sull’effetto sorpresa.

Poco male, perché di scene dove si sorride se ne contano diverse e, alla fine, pur con situazioni paradossali tirate al massimo (alcune misteri sono svelati solo nei titoli di coda con il solito trucco delle foto scattate durante la nottata), grazie all’alchimia dei protagonisti, si ha la sensazione che tutto possa essere realmente accaduto; anche se con la povera scimmia hanno esagerato oltre il limite del fastidio.

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