Vita (normale) da supereroe Il nuovo Spider-Man torna a casa

Nel film, in uscita il 6 luglio, l'Uomo Ragno è un ragazzino che va a scuola nel Queens

Vita (normale) da supereroe Il nuovo Spider-Man torna a casa

Più che Spider-Man, Spider-Boy. È un ragazzo londinese classe 1996, infatti, il nuovo Uomo Ragno che si arrampica sui grattacieli di New York, salvando massaie o sventando furti nel Queens: si chiama Tom Holland. Pallido come un cencio sotto la canicola romana, mani grandi da tessitore di tela, è lui il brillante protagonista di Spider-Man: Homecoming diretto da Jon Watts, che la Warner distribuirà dal 6 luglio, mentre i fan fibrillano aspettando di gustarsi le imprese del giovane Peter Parker. E se negli ultimi quindici anni ammontano a cinque i film con l'Uomo Ragno, girati da due registi diversi e con due protagonisti differenti, stavolta la Marvel alza il tiro e riprende il controllo della sua più famosa leggenda. Dopo aver raggiunto un accordo con la Sony, ecco un film epico, ma fresco e denso di contenuti. Affiancando la campagna contro il bullismo, Spider-Man: Homecoming racconta di come Peter Parker, reduce da un clamoroso debutto in Captain America: Civil War, inizi a sperimentare la sua identità di super-eroe. Entusiasta della sua esperienza con gli Avengers, Peter torna a casa, dove vive con la zia May (Marisa Tomei). A vegliarlo c'è il suo nuovo mentore Tony Stark, burbero benefico interpretato da Robert Downey Jr. Ma mentre Peter cerca di tornare alla routine quotidiana lo assilla il pensiero di dover superare il semplice ruolo da Spider-Man di quartiere, buono a sventare furtarelli di biciclette. Insieme all'Avvoltoio (Michael Keaton), però, arriveranno serie minacce...

«Spider-Man è un eroe con cui ci si identifica. Rappresenta l'ingresso della normalità nel mondo degli eroi. In più ha qualcosa di diverso rispetto a tutti gli altri. Ha un'identità davvero segreta e deve farci i conti» spiega il regista Jon Watts, ieri a Roma per il lancio della sua opera. «Non volevamo fare un film già visto. Abbiamo riportato il personaggio nella realtà, a scuola, inserendolo nel suo contesto. Poi ci siamo chiesti: che cosa farebbe un quindicenne con i superpoteri? La verità è che si divertirebbe. Non lo sente ancora come una responsabilità» considera Holland, che se l'è vista con star hollywoodiane del calibro di Michael Keaton (già Batman per Tim Burton e recentemente protagonista di Birdman, dove faceva l'uomo-uccello come qui) e di Robert Downey Jr. «Lavorare con loro è stato un sogno che si realizza: sono fan della Marvel da quando avevo cinque anni e facevo Spider-Man nella mia cameretta. Quando ho sostenuto il provino mi hanno detto che avrei lavorato con Downey soltanto venti minuti prima di entrare a leggere le mie battute. E mi sono agitato, sono diventato rigido... In un secondo momento, però, mi sono accorto d'aver interloquito con la controfigura di Downey! Così la parte dell'imbranato non l'ho fatta con l'originale. Quanto a Keaton, è gentilissimo. Ma quando arriva sul set si trasforma. E fa davvero paura» dice Tom. Il suo Uomo Ragno sarà il primo a non raccontarci la storia del morso del ragno, a differenza di quanto avevano già fatto Sam Raimi e Marc Webb. «Non sentiamo la mancanza di una storia di origine, anche perché la conosciamo già bene» spiega il regista, al quale piacciono «i cattivi un po' sciocchi».

Ormai siamo abituati a una Grande Mela come scenario iconico, prediletto da Woody Allen, per esempio. Però qui in primo piano non c'è la solita Manhattan scintillante, con Times Square e il distretto finanziario. «Il nostro Peter viene dal Queens, quindi non mi sono inventato niente: ho solo spostato l'attenzione su altri luoghi di questa grande città» riflette Watts. Da noi Tom Holland non è molto noto, però l'attore si è distinto a teatro, appena decenne, interpretando Billy Elliot nell'omonimo musical. «La danza ti prepara a molte cose, ma non a cadere da sessanta metri. Il musical è stato più difficile: mi sono allenato per due anni e non ero fisicamente maturo, come lo sono ora. Tuttavia, il teatro ha rappresentato una grande lezione: se hai il controllo del corpo, sei facilitato nell'interpretazione di tanti personaggi» spiega Tom. Il quale, se potesse indossare il costume di Spider-Man si dedicherebbe «a qualche rapina in banca», dichiarandosi «amante delle birichinate».

Eppure, l'esperienza d'indossare per la prima volta la tutina rossa dell'Uomo Ragno non è stata delle migliori. «Non avevano fatto in tempo a cucire una tuta per me, sicché ho indossato quella della controfigura, più grassa di me. Era larga e mi stava male» racconta Tom.

Invece l'idea di un allargamento calza a pennello a Watts: «Nel film adottiamo una prospettiva diversa, rispetto agli altri Spider-Man: qui si parte da un singolo individuo, piccolo e insignificante, che man mano cresce e diventa un eroe. Così si allarga anche la prospettiva e la scala diventa epica».

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