Roma - Ha il volto scuro, Francesco Storace, e un’espressione tra l’incredulità e la rabbia, quando a metà mattina esce dall’aula del gup Enrico Imprudente. Pensava che ieri sarebbe stato il giorno della sua riabilitazione, invece il giudice lo ha rinviato a giudizio insieme ad altre sei persone per il cosiddetto Laziogate, la vicenda relativa alle incursioni informatiche all’anagrafe capitolina al fine di danneggiare la lista di Alessandra Mussolini (As) in occasione delle regionali del 2005.
Quasi non ci crede che il 15 maggio siederà davanti a un giudice monocratico in veste di imputato. Anche il suo avvocato, Giosuè Bruno Naso, non si dà pace. Trova davvero strane, in particolare, quelle quattro pagine di motivazioni con cui il gup ha voluto ricostruire tutta la storia, come fosse una sentenza invece che un dispositivo: «È una cosa che i giudici dell’udienza preliminare non fanno mai, quasi abbia voluto dare una giustificazione per la decisione presa». E continua: «Quello seguito dal gup è un filo illogico, sono state indicate come fonti di prova per l’accusa quelle stesse argomentazioni che noi avevamo indicato a discarico, come le testimonianze delle guardie giurate della Regione da cui si ricavava che Storace quella notte rimase “piantonato” nel suo ufficio, senza vedere nessuno». L’ex ministro della Salute, questa volta, misura le parole: «Resto comunque sereno confidando nel valore della statistica, perché in Italia questi processi si concludono nella maggior parte con un’assoluzione». Poi nel pomeriggio annuncia che chiamerà il sindaco Veltroni in Tribunale: «Sarà lui a spiegare perché l’anagrafe distribuiva come volantini certificati elettorali falsi per la Mussolini». Stessa sorte di Storace per il suo ex braccio destro, Niccolò Accame. A giudizio anche Mirko Maceri, ex direttore tecnico della società Laziomatica, il detective Pierpaolo Pasqua, Nicola Santoro, figlio del giudice che decretò l’esclusione della lista Alternativa sociale, Vincenzo Piso, ex presidente della Federazione romana di An, e Tiziana Perreca, collaboratrice dello staff. A seconda delle posizioni dovranno rispondere di accesso abusivo a un sistema informatico, violazione della legge elettorale e favoreggiamento. Esce di scena soltanto l’ex vicepresidente del Consiglio comunale di Roma, Fabio Sabbatani Schiuma.
Per il gup la vicenda in questione, «pur se meno grave rispetto alle prospettazioni dell’accusa, non è di natura bagatellare». Al contrario, le dichiarazioni di Dario Pettinelli, ex collaboratore di Storace e suo principale accusatore, avrebbero trovato molteplici riscontri. Eppure il giudice non esclude affatto che nel racconto di Pettinelli sulla presenza di Storace in Regione nei giorni incriminati e sugli orari degli accessi abusivi, ci sia più di un’incongruenza. «La sua ricostruzione - avverte - andrà attentamente valutata». Manifestazioni di solidarietà arrivano a Storace da ogni parte. «Sono sicuro che al termine dell’iter giudiziario verrà accertata la sua innocenza», afferma Gianfranco Fini.
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