Spoil system, Mussi azzera la ricerca

Pietro Serra

L’accesa discussione in corso su taluni contenuti fiscali della legge finanziaria ne ha oscurato altri preoccupanti aspetti. Ad esempio l’articolo 42: «La presidenza e il Consiglio di Amministrazione degli enti pubblici non economici nazionali - inclusi gli enti del comparto della ricerca -, sono soppressi e le competenze del presidente e del Consiglio di Amministrazione sono attribuite al direttore generale e ad un comitato di gestione composto dai dirigenti di livello apicale». Per gli enti di ricerca è previsto un comitato scientifico, la cui natura non è precisata, per la definizione degli indirizzi e dei programmi di ricerca. Nel caso in cui non siano presentate ai ministeri vigilanti modifiche delle norme statutarie entro 30 giorni, i presidenti e i consiglieri di amministrazione degli enti decadono immediatamente e viene nominato un commissario. Mai era accaduto nel ventennio fascista (durante il quale Mussolini aveva nominato Vito Volterra, un noto antifascista alla guida del Consiglio nazionale delle ricerca) e negli oltre sessanta anni di costituzione repubblicana, che il governo intervenisse in questo settore con tanta incauta protervia, foriera di consistenti danni alla ricerca del paese.
Vale la pena di ricordare agli estensori di questo provvedimento così lesivo di un settore nevralgico, l’articolo 33 della Costituzione: «Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato». I provvedimenti della Finanziaria vengono dopo un appello di oltre 700 ricercatori e tecnici del Cnr che verrebbe bloccato da una ennesima riforma, e la risposta del ministro Mussi («Vorrei mettere in Finanziaria una norma di riordino, ma saranno interventi fatti con il bisturi, non con l’accetta», l'Unità del 28 settembre). Mussi dimostra di ignorare le polemiche sollevate dall’affaire «Cognetti» e i contenuti sullo stesso caso della recente sentenza del 12 settembre del Consiglio di Stato «l’istituto dello spoil system di cui all’articolo 6 della legge 145/2002 non appare applicabile alle figure soggettive preposte alla promozione e al coordinamento dell’attività scientifica e non all’attuazione dell’indirizzo politico amministrativo».
Non solo il modello proposto per la gestione di complesse attività scientifiche affidate agli enti oggetti del provvedimento della Finanziaria non risulta in linea con i regolamenti e la prassi amministrativa per la gestione degli enti pubblici dello Stato italiano, ma l’iter previsto dalla legge finanziaria per la sostituzione dei presidenti e dei consigli di amministrazione degli enti di ricerca può facilmente protrarsi per anni. Occorre infatti tener conto dei tempi tecnici necessari per l’approvazione dei nuovi regolamenti che richiedono non solo la consultazione delle organizzazioni sindacali ma anche il delicato passaggio di approvazione della Corte dei conti e del Consiglio di Stato, per non parlare di possibili, anzi praticamente certi ricorsi al Tar e alla Consulta. Ricorsi destinati ad essere accompagnati per anni a venire da polemiche sui mezzi di informazione, presso gli addetti ai lavori e l’opinione pubblica nazionale ed internazionale, con una probabile clamorosa sconfessione dell’operato del ministro in sede giurisdizionale. Eppure il presidente del Consiglio Romano Prodi aveva titolato «In difesa dei valori della Costituzione» la prima pagina del programma del suo governo, predicando una «revisione della forma di governo degli atenei che la renda più efficiente e responsabile nel rispetto dei princìpi dell’autonomia e della democrazia collegiale tipica della comunità scientifica». E le norme della Finanziaria sopra descritte sarebbero il primo risultato di questi propositi? Gli enti pubblici di ricerca dirigono e coordinano l’attività di oltre 15mila unità di personale di ruolo, a cui si aggiungono oltre 10mila tra assegnisti, dottorandi di ricerca, personale assunto a tempo determinato per lo svolgimento di programmi di ricerca. Tra i maggiori enti ricorderemo il Cnr, su cui ritorneremo, l’Istituto nazionale di fisica nucleare, l’Istituto superiore di sanità, l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, l’Istituto nazionale di astrofisica ed altri enti impegnati proficuamente in attività di ricerca e di servizio di grande rilievo per il paese e in programmi di grande dimensione in collaborazione con altri enti internazionali e con il sistema produttivo nazionale. Non esistono motivi oggettivi per interromperne la loro attività. È assai facile prevedere ad esempio un forte rallentamento nelle attività di predisposizione dei programmi italiani, da presentare alla Comunità europea nell’ambito del VII programma quadro della ricerca, il cui inizio è fissato al prossimo 1º gennaio 2007 e che richiedono una attenta attività di coordinamento tra attori pubblici e privati del nostro paese e quindi una salda governance degli enti per sostenere la forte e prevedibile competizione degli altri paesi dell’Unione.
L’insostenibilità delle norme sugli enti di ricerca previste dalla legge finanziaria è d’altra parte provata dalle prese di posizione delle stesse organizzazioni sindacali tra cui la Cgil che ha proclamato lo stato di agitazione del personale di ricerca chiedendo il ritiro dei provvedimenti citati, e i prossimi scioperi di protesta proclamati dalle altre maggiori organizzazioni.

Se il ministro ha senso politico, ed è credibile che di almeno quello disponga, ritiri al più presto le norme lesive dell’autonomia degli enti escludendoli da questo anomalo, anticostituzionale, rozzo «spoil system» e definisca finalmente, ormai dopo molti mesi al governo della ricerca italiana, con proposte organiche, coerenti con il quadro internazionale, trasparenti, rispettose dell’autonomia degli enti e discusse con la comunità scientifica le azioni necessarie per potenziare e non danneggiare la ricerca italiana.

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