Lo sport dei bambini in un mondo in miniatura

I consigli degli esperti: «I più introversi devono iscriversi a discipline di squadra. Favoriscono la socializzazione»

«Ho iscritto mio figlio alla scuola di musica, quel corso per i piccoli da tre a cinque anni. Ma per fargli fare un po’ di moto lo mando anche una volta la settimana a nuoto e appena possibile seguirà il corso di calcio, gli piace tanto!». In questi giorni le chiacchiere delle mamme davanti alle scuole materne o a quelle elementari sono più o meno di questo tenore. Se i rispettivi figlioli sono delle femminucce allora il corso obbligatorio di cui si discute, oltre alla musica e al nuoto, è ovviamente la danza. E così migliaia di bambini vengono sballottati da una parte e l’altra della città a un ritmo frenetico per la fobia del «fargli fare ginnastica».
La scuola elementare inibisce invece le velleità delle mamme iperattive. Il 75% dei bambini che frequentano le elementari si «limita» a svolgere un solo sport ma spesso due volte alla settimana. E le conseguenze posso essere negative, soprattutto se ci si avvicina all’agonismo troppo precocemente.
Movimento a tutti i costi, dunque. A Mozzate, in provincia di Como, i genitori si sono messi in fila dalle quattro del mattino per iscrivere i figli al corso di nuoto nella piscina del paese. Roba da Guinness dei primati. Chi, nonostante la levataccia, non ce l’ha fatta ad acchiappare il biglietto di iscrizione si è messo addirittura a piangere dallo sconforto.
Di fronte a tanto stress la domanda da porsi è: ma è proprio necessario tutto questo? Fa davvero bene ai bambini, soprattutto ai più piccoli, questa girandola di appuntamenti? «No, assolutamente no» dicono gli esperti. Meglio. Il moto è necessario. Ma muoversi non equivale a fare ginnastica a tutti i costi (anche quelli economici, non irrilevanti). I bambini devono innanzitutto divertirsi, scatenarsi. È la legge della natura.
Uno studio effettuato su bambini di 4-5 anni lasciati liberi di giocare in un giorno di vacanza su un terreno attrezzato, ha dimostrato che in media i maschi sono fisicamente attivi per oltre sei ore, mentre le bambine per un tempo di circa 5 ore e 28 minuti. I più piccoli dunque hanno bisogno di bruciare energie senza però arrivare allo stress psico fisico. Il rischio è quello di far odiare lo sport nel periodo adolescenziale, quando, in sostanza, l’attività fisica sarebbe più importante e salutare.
E qui la parola va all’esperto che può dimostrare quando e come lo sport fa bene ai giovani e giovanissimi. «Innanzitutto come medico non consiglierei mai ai genitori attività sportive ai bambini più piccoli», spiega Saggese, presidente dell’associazione nazionale di pediatria. Una bella camminata o una corsa in bicicletta con mamma o papà è un’alternativa molto valida. «Più che lo sport oggi manca il gioco - spiega l’esperto -. Purtroppo nelle grandi città sono spariti i cortili, i giardini e le piazze dove i ragazzi erano lasciati liberi di esprimersi, di correre senza pericoli. Ora è cambiato tutto, le autombili hanno invaso ogni spazio aperto e i pericoli quotidiani inibiscono gli slanci. Invece - aggiunge Saggese - i bambini devono essere innanzitutto lasciati liberi di muoversi senza costrizioni. L’importante è che non stiano fermi davanti alla tv per molte ore. Mai più di due al giorno. Quello che bisogna evitare è la sedentarietà».
Dunque gioco, gioco e gioco. E poi, semmai, sport. Ma da quando? «Dopo i sei anni si può cominciare a fargli svolgere un’attività sportiva ma la finalità dev’essere sempre ludica non competitiva. L’agonismo dovrebbe essere permesso solo dopo la pubertà a circa 10-12 anni».
Più sfumata la posizione di Pier Filippo Bottiglia, medico dello sport. «Personalmente ho cominciato a fare judo a livello agonistico a otto anni ma la scelta è molto personale. Dipende dalle attitudini di ogni bambino».
Ma cosa scegliere per bambini di sei anni con l’ossatura e la muscolatura ancora da plasmare? «L’obiettivo è farli giocare e non affaticare - precisa l’esperto del Gaetano Pini di Milano -. Dunque serve scegliere uno sport di scarico completo che permetta uno sviluppo armonico come il judo o il nuoto».
Ma gli sport più praticati in Italia sono decisamente altri: il 24% tra bambini e adolescenti scelgono il calcio; mentre l’atletica e il tennis sono le specialità che meno li coinvolgono. Ma se lo sport non è «asimmetrico» si deve impedire? «Ma no, assolutamente. Forse in passato potevano esserci dei rischi - aggiunge Bottiglia - ma oggi ogni disciplina presuppone una serie di esercizi di riscaldamento, la cosidetta ginnastica di base compensativa, che impedisce ogni squilibrio fisico».
Le priorità indicate dagli esperti sono chiare. Innanzitutto fate giocare il più possibile i vostri figli. I più grandicelli invece possono dedicarsi a qualcosa che li appassiona. Già, ma a che cosa? Il primo comandamento è non costringerli a esercizi non graditi. L’attività sportiva dev’essere scelta da chi la fa, non da chi paga la retta. Cioè dal bambino, che si deve innanzitutto divertire. Saggese consiglia comunque «di privilegiare gli sport dove si apprendono le attività motorie di base. Come la ginnastica, il nuoto, l’atletica». Sono inoltre importanti gli sport di squadra per la crescita psicologica, «si gioca insieme agli altri e si elimina la competizione».
Se si dovesse fare un’ideale tabella riassuntiva si può sostenere che gli sport di squadra sono indicati per i bimbi introversi (calcio, basket, pallavolo), quelli in grado di fornire delle regole per i bimbi irrequieti (judo, karate), gli sport in solitario per i più estroversi (nuoto, sci, pattinaggio, danza).
Il pianeta sport coinvolge 3.650.000 baby sportivi (under 18) di cui 2.862.000 con meno di 14 anni. La cifra non deve sembrare eccessiva. Secondo i dati Istat, infatti, un bambino su cinque passa il tempo libero a casa, spesso attaccato al televisore. I rischi di questa mancanza di attività sono tanti. Chi fa poca attività fisica può diventare ipocinetico, può accusare disturbi all’apparato cardiocircolatorio, come la tachicardia. E può rischiare l’obesità. «Il 35% dei ragazzini italiani - spiega Saggese - è in sovrappeso e una parte di questa percentuale è obeso. La Tv la più colpevole. Il 60% dei minori assorbe dall’ora alle tre di trasmissioni televisive. E un bambino su tre sta appiccicato al video più di tre ore.

Una cosa inammissibile».

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