Aru, l'uomo solo s'addormenta e Froome si riprende la maglia

L'italiano non marca l'inglese che così ritorna in giallo Fabio deluso: «Tardi sullo strappo finale». Oggi dura: 4 colli

Aru, l'uomo solo s'addormenta e Froome si riprende la maglia

Stava vivendo un sogno Fabio Aru, un sogno dolcissimo e sublime, il problema è che ieri pomeriggio, sul calar della sera, ha fatto una colossale pennichella. Al Tour non si può mai star sereni, non c'è mai nulla di scontato. Anche un cavalcavia può risultare alla fine fatale, più delle grandi vette, più delle grandi cime.

Lo sanno tutti, lo si dice sempre: il Tour è il Tour, proprio perché può succedere di tutto anche in quelle tappe dove sembra e speri che non possa succedere alcunché. Più delle salite poté la discesa, e più del Galibier e dell'Izoard che attendono la prossima settimana la compagnia di giro, può un muro, uno strappo, una strada breve e verticale che sorride agli scattisti e a quei corridori che sanno affrontarli nelle posizioni di testa.

Fabio ne sa qualcosa, anche perché la maglia gialla l'ha proprio conquistata in 300 metri, su quegli ultimi metri terribili che l'hanno condotto sul Paradiso posto sul traguardo di Peyragudes. Questo tre giorni fa, ieri Fabio se l'è fatta sfilar nel mezzo chilometro finale che si arrampica sul traguardo della Cote de Saint Pierre, dopo una tappa di vento e di sbadigli. Chi gliela porta via? Chris Froome, che contrariamente al Peyragudes, dove quello strappo l'aveva mandato alle corde, trova Rodez bravissimo a tenere il ritmo di scattisti come Matthews, Van Avermaet e Gilbert che vanno a scrivere un ordine d'arrivo a dir poco regale.

Una distrazione fatale. Una dormita colossale. Una leggerezza che il Cavaliere dei Quattro Mori paga profumatamente. Perde metri in discesa, e affronta l'ultimo chilometro troppo nelle retrovie: è lì che il campione d'Italia perde di vista il britannico.

«Ho preso lo strappo finale troppo indietro dice Aru scuro in volto - : si è creato un buco che sono riuscito a chiudere, ma il grande sforzo che ho fatto mi è costato tanto. Oggi è capitato a me, un domani può capitare ad altri», chiosa con un sorriso stentato e stizzito.

C'è chi accampa scuse sulla debolezza della squadra, su una squadra che nella sostanza è stata indebolita da una sorte che in questa stagione ha raggiunto livelli pure tragici. Non c'è ne voglia Fabio, ma ieri aveva da curare solo un uomo: Froome. Non l'ha fatto.

Non è la fine del mondo. È solo una battuta d'arresto. Un brutto episodio che deve essere subito catalogato come giornata storta, punto. La maglia gialla è lì a portata di mano, a soli 18. Piuttosto occhio alla tappa di oggi, che attraversa il Massiccio Centrale con quattro colli e zero pianura, il peso della corsa sarà sulle spalle di Froome, e questo è un punto a favore di Aru, che però ha il dovere per non dire l'obbligo di non perderlo di vista.

«Abbiamo perso la maglia, ma non ne farei un dramma - dice a caldo Martinelli, il tecnico bresciano -.

Dobbiamo restare sereni, domani (oggi per chi legge, ndr) possiamo stare più tranquilli, il peso della corsa sarà sulle spalle di Froome e poi ci sono ancora le Alpi. Non credevo di perdere la maglia, ma a ben guardare forse è meglio così. Diciotto secondi non sono pochi, ma sulle salite si possono recuperare. Noi continueremo a sognare». Guai però dormire.

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