Si dice,o si diceva, che lo sport sia, o fosse, un' occasione di evasione. Il calcio sta diventando un' occasione per gli evasi. Pugni e testate in ogni dove. L'inglese Alan Pardew, ex calciatore e oggi allenatore del Newcastle provvede a colpire con una testata David Mayler, calciatore dell'Hull City, viene espulso e verrà squalificato fino al termine della stagione. German "Mono" (la scimmia) Burgos, stratega tattico dell'Atletico di Madrid e secondo di Simeone, affronta con i suoi centonovantuno centimetri l'arbitro basco e basso (un metro e sessantanove) Delgado Ferreiro e, ovviamente, viene mandato a casa, di Burgos si ricorda una scena analoga lo scorso anno con Mourinho al quale l'ex portiere del River Plate così disse: «Guarda che io non sono Tito (Vilanova), ti stacco la testa»; Daniele De Rossi conferma la propria cartella professionale mollando pugni e altro a Mauro Icardi, il brasiliano Juan Jesus a differenza di Cristo non porge l'altra guancia ma sferra un cazzotto al giovane Romagnoli. È il football di pugni, bulli e pupe, come in certi film degli anni belli. È il football isterico, violento, aspro, secondo i docenti «intenso», uno sport che ha smarrito alcuni valori e si rifugia dietro il paravento del codice etico, uno slogan per lavarsi la coscienza. Chi vuole la moviola in campo deve accettarne le conseguenze, le telecamere inquadrano ogni decimo di secondo dell'evento, Zidane finisce la carriera per merito delle immagini televisive, gli sputi di Rijkaard a Voller sono un fotogramma vigliacco del mondiale di Italia '90, altra saliva proviene da bocche illustri ma non sfugge all'obiettivo, come le bestemmie e gli insulti volgari e gli striscioni offensivi che diventano addirittura un prodotto di spettacolo televisivo. Il calcio si prende a calci, il gioco maschio, aggettivo passato di moda, è stato trasformato in «aggressività», anche il linguaggio si è adeguato al rollerball, non ci si smarca ma si aggrediscono gli spazi, non si passa il pallone ma lo si scarica, il mucchio in area è selvaggio, va da sé che una partita come quella di Roma, sabato sera, in uno scenario miserabile per leggi ridicole, si trasformi in un saloon, con la complicità dello sceriffo, nel senso dell'arbitro il quale, al di là degli errori e delle omissioni, tra rigori e pugni entrambi non visti, dirige con il nervosismo che non dovrebbe appartenere a un giudice, minaccia il secondo di Mazzarri, Frustalupi, con tono da bullo «Alla prossima ti caccio fuori» ma non ha identico coraggio con i protagonisti della rissa in campo. È il sistema che sta andando oltre il limite, è la legge del calcio che non è rispettata nel suo spirito e, anzi, viene violata e oltraggiata. Lo stadio semivuoto viene riempito dagli strilli e dalle immagini di un gioco sporco, sleale, scorretto, senza pentiti, con la solita frase di chiusura, quello che accade in campo finisce lì.
Una volta forse, a telecamere spente, oggi no, entra in circuito nazionale internazionale, si fanno riconoscere dovunque, corrono verso il cameraman dopo un gol baciando l'obiettivo ma poi se la svignano dopo aver commesso il reato. Non c'è fine, non c'è soluzione. Chi è felice di questo spettacolo?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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