L'emiro ha capito che la Sardegna è l'isola del tesoro. Lo aveva intuito quando aveva rilevato dall'americano Tom Barrack cinque alberghi, alcuni terreni per campi da golf, un'area vasta delle Costa Smeralda. Ma il signore del Qatar, Tamim bin Hamad al-Thani, ha capito anche che il nostro Paese, così bello e attraente, ha mille trappole burocratiche, leggi, norme, regolamenti, carte bollate, richieste, autorizzazioni e per sbrigare le pratiche non basta arrivare da Doha su una delle due groppe di un cammello o a bordo di un jet supersonico. Ci vuole altro. Che cosa muove davvero i burocrati d'Italia? Il football, il pallone, il calcio e allora ecco il Cagliari di Massimo Cellino, un'idea di quelle fascinose, un club antico e glorioso finito in cantina, inguaiato per la miserabile storia dello stadio e da altre vicende societarie.
Il Cagliari è la Sardegna, è un'icona, è la bandiera della sarditudine come disse Pietro Paolo Virdis che tentò in tutte le maniere di non abbandonare l'isola come seppe fare e ancora fa Luigi Riva da Leggiuno. Un'isola di incantesimi e di serpenti, capace di far fuggire Flavio Briatore e di attirare l'emiro qatariota, secondo contraddizioni tipiche di questo nostro Paese. L'isola già scoperta da un altro arabo, sua altezza il Principe Shah Karim al Husayni Aga Khan IV, il quale, a metà degli anni Sessanta, trasformò terre incolte e di proprietà di donne (astuzia fiscale dei mariti) in una Costa dai colori preziosi, dunque Smeralda.
Quelli del Qatar stanno mettendo le mani sul pallone europeo, nel duemila e cinque Al Thani ha fondato la Qatar Investments, ha organizzato i XV Giochi Asiatici e si appresta a ricevere quest'anno i Mondiali di nuoto e quelli dei calcio nel 2022, con una strategia non del tutto chiara che potrebbe anche implodere e portare a conseguenze clamorose per il fair play finanziario voluto dall'Uefa.
Il Qatar è diventato sponsor "benefico" del Barcellona, quindi ha comprato il Paris Saint Germain, mettendo assieme, come nell'album delle figurine, i migliori calciatori del continente e del sudamerica. Parigi val bene una messa in banca, la capitale di Francia è un veicolo ottimo per portare il nome della famiglia dello sceicco in giro per il mondo.
Il Cagliari e la Sardegna sono un altro affare, Cellino è un astuto imprenditore, ha valutato il club cinquanta milioni di euro, per qualche euro in più Al Thani ha preso il Paris, direi che il porceddu vale come il foie gras. Non è singolare affatto che la Sardegna si apra agli investitori stranieri, semmai è mortificante che dall'isola siano fuggiti molti italiani, turisti e non, grazie al terrorismo fiscale che ha fatto esibizione lungo le spiagge e gli alberghi della costa, quella del Nord ovviamente, il resto non contava per le fotografie e la pubblicità.
Lentamente anche l'Italia del pallone diventa terra di conquista, prima i bostoniani a Roma, poi l'indonesiano a Milano e adesso l'emiro di Doha a Cagliari, perché il football è una buona carta di credito in un Paese dove banche e affini chiudono i rubinetti al credito ma li riaprono quando si presenta un presidente di serie A o B, magari carico di debiti, esposto con l'Erario ma affidabile per grazia e grazie ricevute.
Dicono che al-Thani sia pronto a trasformare il Cagliari in un nuovo grande club, qualcuno lo informi che questo seppe fare Andrea Arrica, l'uomo che di tasca propria tirò fuori, senza informare il consiglio direttivo della società, 32 milioni di lire nel 1963, per portare sull'isola Luigi Riva dal Legnano.
Dovrei aggiungere, per suggerire la prudenza, che un parente dell'emiro, Abdullah bin Nasser bin Abdullah al Ahmed al-Thani, si era comprato il Malaga, spendendo quaranta milioni di euro in due anni di mercato calcistico prima di togliere le tende, in senso buono, e smantellare la squadra.
Attenti dunque ai miraggi, non quelli del deserto dovuti alla canicola e all'arsura.
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