Scusi Donadoni, ci spiega come mai Parma è diventato uno stadio tabù mentre la stessa squadra viaggia fuori con qualche difficoltà?
«Spiegazione elementare: lavoriamo con scrupolo durante la settimana, ci applichiamo e tiriamo fuori anche il temperamento quando è necessario. Se in trasferta i numeri non sono esaltanti, bisogna riconoscere che tranne un paio di dormite, abbiamo sempre affrontato le altre sfide con lo stesso piglio, identica mentalità».
Sansone, il killer di Inter e Juve, gioca a targhe alterne: c'è un motivo?
«Ha saltato, per infortunio, la prima parte della stagione, adesso sta giocando con continuità: ha cominciato dall'inizio contro la Roma, dalla panchina con la Juve. È svelto, rapido, dà una mano anche in difesa: se riuscirà a sfruttare tutte le sue qualità ne risentirete parlare».
Tutto questo fiorire di giovanotti è merito della crisi o di un improvviso ripensamento di voi allenatori?
«É merito di scelte convinte e di talenti che non si possono tenere in cantina. Basta vedere Pogba della Juventus, che ha uno spessore, l'interista Benassi appena arrivato, poi i ragazzi di Zeman, Marquinho, Castan, Lamela, quelli del Milan».
Tutte le critiche sul conto della Juve vista da vicino domenica sono meritate o eccessive?
«Giudizi precipitosi. Qui si pretende che la Juve non vinca ma stravinca tutte le partite. E se ciò accadesse cosa dovremmo pensare della concorrenza? E invece Napoli, Lazio e Inter promettono di reggere fino alla fine e renderle la vita dura».
Il calcio ha rieletto Abete in federazione insieme con Perrotta: riusciranno i nostri eroi a combinare qualcosa di buono?
«Io mi lamento solo di un aspetto: con tutti i problemi che ha il settore, si continua a trascurare l'interesse collettivo per coltivare l'orticello proprio. La mancata elezione del presidente di Lega ne è una conferma».
Gattuso ha detto di recente: Donadoni è stato un buon ct, forse sfortunato contro la Spagna, altrimenti
«Ringrazio Rino per la citazione. Ho rimosso quel biennio azzurro, lasciandolo nell'album dei ricordi. So che affrontai la Spagna senza Cannavaro, Gattuso e Pirlo e fummo eliminati ai rigori. Non solo: lasciai la Nazionale al secondo posto del ranking mondiale. Qualcosa vorrà pur dire».
Che effetto le fa, Donadoni, leggere il suo cognome continuamente accostato alla panchina del Milan?
«Lo trovo gratificante da un lato ma di gusto di cattivo gusto».
Come scusi?
«Mi spiego meglio. Lo trovo di cattivo gusto nei confronti di Allegri che è al terzo anno di Milan: una volta è arrivato primo, una volta secondo e adesso sta gestendo una clamorosa rifondazione. Poi capisco che questa è una logica del calcio italiano e allora va bene tutto».
Berlusconi ha promesso entro tre anni di riportare in quota il Milan, come avvenne nel '97: ce la farà?
«Di solito quando il presidente si impegna, realizza i suoi obiettivi. Per la durata del tempo a disposizione certamente sì. Credo non sia possibile il paragone con l'altra rifondazione, quella affidata al ritorno di Capello che poi cedette la panchina a Zaccheroni. Allora, è vero, smisero Franco Baresi e gli invincibili ma il club aveva maggiori risorse finanziarie cui fare ricorso».
Balotelli al Milan è il tormentone di questa edizione di calcio-mercato: crede sia un ragazzo recuperabile?
«Devo dire che trovo capovolto il ragionamento che si fa sul conto di Balotelli.
Ha mai conosciuto da vicino Balotelli?
«L'ho incrociato in azzurro, cominciava la sua carriera nell'under 21».
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