La fatal Verona di memoria rossonera colpisce ora il Napoli. Il Bentegodi tabù da tre stagioni consecutive per gli azzurri è il capolinea del sogno scudetto, già di fatto interrotto con il pari con la Juve. Il Chievo ferma a dieci partite la serie positiva dei partenopei (l'ultimo stop risaliva al 16 dicembre 2012 quando il Bologna espugnò il San Paolo), e si rivela la cartina tornasole di un momento critico della truppa di Mazzarri, la cui incertezza sul futuro sta forse influendo sulla marcia dei suoi giocatori.
I quattro pareggi consecutivi con due soli gol segnati, oltre all'uscita ingloriosa dall'Europa, erano stati il primo campanello d'allarme della crisi degli azzurri - non certo inventata dalla stampa come aveva sostenuto un nervoso Mazzarri alla vigilia - senza vittorie ormai da 36 giorni. Il match di Verona mostra una squadra sfilacciata, un po' sulle gambe, che sbaglia ancora una volta l'approccio alla sfida e sembra incapace di reagire al doppio schiaffo franco-senegalese di Dramè e Thereau, con una difesa non più imperforabile (De Sanctis non sembra incolpevole sui gol).
Cavani, poi, l'unico vero finalizzatore di questa squadra costruita per mandare in gol l'attaccante uruguaiano, non è più il bomber implacabile della prima parte del torneo. Che a Verona non sia giornata lo dimostra anche il sesto rigore fallito su 21 tentativi da quando il Matador gioca in Italia: Cavani è ipnotizzato dall'eroe di giornata, quel Christian Puggioni chiamato a far dimenticare il bravo Sorrentino, emigrato senza troppa gloria a Palermo.
E proprio il portiere 31enne confesserà a fine match: «In settimana avevo studiato insieme allo staff questa situazione, ho scelto l'angolo giusto ed è andata bene. Cavani è un grande campione ed è molto sportivo, a fine match gli ho chiesto la maglia e lui me l'ha data, non capita tutti i giorni di parare un rigore a un bomber del genere».
Ora Mazzarri e il suo gruppo devono guardarsi dalla rimonta del Milan, con l'inquietante prospettiva di uno scontro diretto da giocare fra un mese a San Siro. «Il Chievo è stato bravo ad aggredirci, poi ha fatto gol al primo tiro come già era accaduto nella passata stagione - l'analisi del tecnico -. Il secondo tempo è stato un assedio, ma la palla non vuole entrare. È un momento così e va superato, a Verona ci capita ogni anno e alla fine abbiamo fatto tutto noi. Si poteva fare di più, ma ci gira tutto male...».
Nell'ambiente si avverte un po' di scoramento, anche se Mazzarri mette le mani avanti e continua a guardare il bicchiere mezzo pieno: «Nessuno nella società ha mai parlato di scudetto, in estate siamo stati chiari. Volevamo far crescere questo gruppo, cercando di rimanere tra le prime cinque. Ora siamo secondi e abbiamo sempre sei punti in più rispetto all'anno scorso. Se poi si vuole essere rovinosi e disfattisti... L'errore di De Sanctis? Dare colpe a un portiere che da diverse stagioni si sta segnalando per grande continuità mi sembra assurdo. Il mio futuro? Non c'è niente di strano a essere in scadenza, di ciò parlerò solo a fine stagione».
«C'è la pressione del Milan, ma sarebbe da stupidi farsi scappare il secondo posto, in settimana parleremo fra di noi», il messaggio di Maggio, uno dei fedelissimi di Mazzarri che sta sicuramente regalando una stagione al di sotto delle sue possibilità. Sorride invece il Chievo: la salvezza è sempre più vicina e sarebbe la quinta consecutiva in serie A.
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