Cipollini: "L'Italia? Squadra quasi perfetta Manca il bomber... Io"

L'ex iridato 2002: «Cassani ha lavorato bene Con un team così avrei bissato il Mondiale»

Cipollini: "L'Italia? Squadra quasi perfetta  Manca il bomber... Io"

In bicicletta aveva i superpoteri, e non per niente per tutti era semplicemente SuperMario. Adesso che in bicicletta ci va per diletto, Mario Cipollini, 49 anni, campione del mondo a Zolder 2002, vorrebbe fare un balzo indietro nella storia per poter guidare questa nazionale sulle strade di Doha. «I ragazzi di Zolder sono nel mio cuore, ma la squadra che domenica sarà chiamata a difendere la maglia azzurra, la nostra storia, la nostra tradizione è sicuramente la più forte in assoluto. Davide (Cassani, ndr) ha allestito una buonissima formazione: il miglior treno possibile, che molte nazioni ci invidiano. Purtroppo per noi, con tutto il rispetto possibile, ci manca il bomber. Abbiamo due buonissimi corridori come Elia Viviani (campione olimpico a Rio nell'Omnium su pista, ndr) e il tricolore Giacomo Nizzolo, ai quali manca però un po' di cilindrata».

Quindi ci vorrebbe un Cipollini

«Esatto. Senza presunzione, con dieci anni di meno e con una squadra del genere avrei ambito al bis iridato: su questo non ci sono dubbi».

La sua sembra una provocazione: squadra da battere che sarà battuta.

«Il rischio c'è, ma ci possiamo fare bene poco. Siamo come una bellissima squadra con la miglior difesa, il miglior centrocampo, il miglio portiere ma con un attacco un po' leggerino che fatica a vedere la porta. Rischiamo di fare tanto gioco e di concretizzare pochissimo. Nello sport non s'inventa nulla, anche se qualche chance ce l'abbiamo. Se ci sarà vento, ad esempio, possiamo dire la nostra. Potremmo davvero scatenare l'inferno, ma dovrà esserci una gara dura, la più selettiva possibile, dove i nostri devono essere bravi ad approfittarne inserendosi in qualche fuga. Ma se la gara avrà uno svolgimento tranquillo ed elementare e si arriverà come il buonsenso impone in volata, per noi ci saranno ben poche speranze».

Parla tanto di vento, quando gli altri discutono solo sul caldo.

«Il vento può essere davvero una variabile molto importante, il caldo no. Il caldo metterà in crisi tutti, ma al Tour la canicola è simile a quella di Doha. Il vento, invece, è un aspetto tecnico con il quale non tutti i corridori sanno destreggiarsi. Occorre esperienza e capacità per creare e affrontare i ventagli. Noi per questo siamo molto attrezzati».

Quindi, tutti pronti con borracce d'acqua e panetti di ghiaccio

«Se ci sarà vento è il caso anche di prevedere dei pit stop per il cambio di bicicletta. I primi cento chilometri saranno in linea e interamente nel deserto. Se ci sarà vento, che ruote saranno utilizzate: ruote a profilo alto o basso? Per la prima parte è forse il caso di fare ricorso a ruote anteriori da 25 e posteriori da 50. Mentre nel circuito finale si potrebbe passare a 50 per l'anteriore a 80 per quella posteriore. Insomma, il vento è una variabile molto importante e l'aspetto tecnico tutt'altro che trascurabile».

Ma che senso ha correre un mondiale nel deserto?

«Per anni il calcio ha investito in Giappone e in Cina, dove non sapevano neanche cosa fosse un pallone e dove era necessario far sentire quelle fastidiose trombettine per rompere l'assordante

rumore del silenzio. Portavano figuranti, non tifosi. Il ciclismo sta aprendo nuove frontiere. Al momento non è il massimo, anzi è un po' sconsolante, ma la strada che ha portato il ciclismo nel deserto è quella giusta».

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