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B ig Bernie guarda la griglia monca di Austin causa fallimento di Caterham e Marussia e dice che la crisi della F1 «è colpa mia e non so come uscirne». Stupiscono le sue parole, perché a pronunciarle è un duro che di sbagli non parla mai visto che ha fatto arricchire tutti e più di tutti se stesso. Da qui il perdurare del suo regno e di una F1 gattopardesca dove si dà periodicamente la sensazione di voler cambiare tutto per poi non cambiare nulla. E questa sembra un'altra di quelle volte.

Ecclestone parla di «troppi soldi distribuiti in maniera sbagliata», parla di accordi con i top team e la famigerata torta dei diritti tv da dividere, che «sembravano una buona idea quando sono stati firmati». Nel farlo, tira abilmente in ballo le squadre ricche (Mercedes, Ferrari, Red Bull, McLaren, ndr) a cui «ho detto che vorrei prendere parte del denaro che ottengono e dividerlo fra i team in crisi e poi stanzierei io una cifra analoga». Però le regole in F1 consentono ai team di bloccare simili cambiamenti, bisognerebbe «fare sacrifici, strappare i contratti e saldare i debiti delle squadre» dice.

Tutto giusto. Vecchia volpe Big Bernie. Così lancia una bistecchina ai team affamati che si sentono protetti e s'acquieteranno da qui a fine campionato e distoglie parte dell'attenzione da sé, puntando il dito sui big team ingordi che incassano bonus milionari figli degli accordi di cui sopra. Non a caso, per Ferrari & C. «il problema è aumentare le entrate, non dividere la torta in modo diverso».

In mezzo a un festival di ingordi, è d'obbligo un'osservazione: bello e furbo il mea culpa con cui Big Bernie cerca di travestirsi da Robin Hood dei motori che prende ai ricchi team per dare ai poveri. C'è solo da augurarsi che non si limiti a stanziare, come detto, «una cifra analoga», ma vada ben oltre. Lui o altri tramite lui.

Basti pensare che la Cvc, il fondo istituzionale che dal 2006 controlla la F1 con il 35% della Delta Topco, la società che possiede l'intero giocattolo, ha visto il proprio investimento rendere il 751% (più 8,2 miliardi di dollari). E l'8% della Delta Topco è proprio in mano a Robin Hood.

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