Viene un po' da sorridere, ripensando ai (pochi) dubbi che Allegri aveva circa la prosecuzione del suo rapporto con la Juventus. Così come la stagione precedente, alla fine del campionato il tecnico livornese si era preso qualche giorno di tempo per riflettere sul futuro. «Ci incontreremo con la società e decideremo il da farsi aveva detto -. Io a Torino sto bene».
Adesso ci starà ancora meglio. Con un Cristiano Ronaldo in più e una piazza eccitata come mai nella sua storia. I dubbi, per la cronaca, durarono poco: un incontro con Agnelli e Marotta bastò per sigillare il contratto già siglato l'anno prima. È (molto) probabile che fin da allora il tecnico livornese sapesse della possibilità di arrivare al portoghese: un'operazione come questa non la si mette in piedi in una settimana e nemmeno in dieci giorni. La permanenza a Torino di Allegri è stata quindi presumibilmente facilitata anche dal ventilato arrivo di CR7: nulla era ancora certo, ma all'orizzonte la sagoma del fenomeno di Funchal cominciava a stagliarsi piuttosto nitida. Poi, la cronaca ha anche raccontato del «grazie, qui ho finito» di Zinedine Zidane, all'epoca allenatore del Real Madrid: tre Champions in tre anni (due e mezzo, in realtà), giù il sipario. E Florentino Perez che fa? Accusa il colpo e poi, tra gli altri, chiama anche Allegri. Strano, il destino. Lui, il livornese che in gioventù aveva deciso all'ultimo minuto di non sposarsi quando era ormai tutto pronto per il sì, ascolta e ringrazia: però no, «ho dato la mia parola alla Juventus e non la lascio».
Senza pensar male ché di male non ci sarebbe proprio nulla -, una decisione che magari è stata influenzata anche dalla prospettiva di poter avere tutti i giorni alle proprie dipendenze il signor Cristiano Ronaldo. E così, se in un mondo normale Allegri avrebbe potuto allenare CR7 nella capitale spagnola, in questo pazzesco ribaltone che ha lasciato tutti increduli, la coppia si formerà a Torino. «Lui è il più forte del mondo», aveva detto il tecnico bianconero alla vigilia della doppia sfida di Champions. Inchinandosi poi, come tutto lo Stadium, quando il portoghese aveva dipinto quella rovesciata. Poi, certo, Allegri e la Juve avevano anche spaventato parecchio le merengues nel match di ritorno: 3-0 al Bernabeu fino a un soffio dal termine, fino al contestatissimo rigore che lo stesso Ronaldo (c'erano dubbi?) avrebbe poi trasformato. Una Signora meravigliosa, quella sera: elegante e concreta, cinica e attenta. Della quale magari lo stesso Ronaldo che in gioventù aveva tifato bianconero si era nuovamente invaghito.
Un bel giochino a incastri, ecco. Adesso è però tempo di scrivere un'altra storia, con CR7 bianconero e Allegri a guidarlo dalla panchina. «Lui rappresenta un salto di qualità per tutti ha detto Allegri -. La società ha fatto una cosa straordinaria, per la Juve e per il calcio italiano. Come giocherà? Cercando di fare gol». Lapalissiano, come spesso gli piace essere. «Dovremo vincere la Champions? L'obiettivo della Coppa c'è sempre stato: certamente, il suo acquisto ci dà ancora più consapevolezza».
La sfida viene insomma ufficialmente e logicamente lanciata. Con CR7 al centro dell'attacco e Higuain messo da parte: andrà quasi di sicuro al Chelsea, ma prima bisogna che Sarri scalzi Conte e che le varie diplomazie si siedano a un tavolo. Il Pipita, per non creare minus valenze, dovrà portare in dote almeno 55 milioni, meglio se 60 o più.
Con lui, sono destinati a fare le valigie Rugani (40, sempre al Chelsea) e magari Alex Sandro cui, oltre all'onnipresente società di Abramovich, sono interessati anche Psg e United: la Juve però vuole più dei 40 milioni che si sono inizialmente detti disposti a spendere i francesi.
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