«Con Ariedo l'Europa la vedo» cantavano i tifosi del Milan di Sacchi appena lo squadrone allestito da Berlusconi e Galliani cominciò a mietere successi. Braida fu il primo acquisto di Galliani, neo ad del club rossonero. Si erano conosciuti a Monza, lui centravanti e l'altro vice-presidente, sempre a Monza Ariedo aveva cominciato la carriera da ds interrotta con il trasferimento a Udine. Appena Fininvest entrò nel Milan, la coppia si riformò. «Per 27 anni abbiamo vissuto more uxorio» spiegò una volta Braida per sintetizzare la perfetta sintonia umana, segreto di quel Milan dalla linea di comando agile e cortissima (Silvio, Adriano, Ariedo e Silvano Ramaccioni).
Memorabili i suoi consigli sul mercato. Suggerì Van Basten mentre la Juve puntò su Rush, trascinò Galliani a scoprire Shevchenko al gelo dell'Ucraina. Solo il congedo da quel Milan nel frattempo diviso in due fazioni fu inutilmente brutale, causato da un comunicato stampa. Braida si dimise qualche giorno dopo ringraziando però Berlusconi e il club che gli avevano dato lustro.
È passato da Barcellona prima di rientrare in Italia e di dedicarsi a quest'altra società di antiche tradizioni, la Cremonese, con un forte azionista alle spalle, l'industriale Arvedi, ma frenata nonostante la striscia di investimenti, da risultati men che modesti.
Sono bastati pochi mesi, qualche scelta di giovani promesse azzeccata (Carnesecchi, Fagioli, Okoli, tutti finiti nell'under 21) e la conferma del discusso tecnico (Pecchia) per centrare la promozione bruciando sul traguardo l'amico fraterno Galliani, che è stato il primo a chiamarlo al telefono e a congratularsi. Per la serie la classe non è acqua.
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