Son passati meno di 140 giorni e sembra trascorso un secolo. Perché la sera del 15 ottobre 2017 Maurito Icardi s'impadronì del derby di Milano consegnando agli archivi una tripletta di superba bellezza che mandò in frantumi i sogni di grandezza del Milan di Montella lasciato 10 punti dietro in classifica a meditare sull'ingenuità di Rodriguez (cintura su D'Ambrosio per il rigore del 3 a 2 conclusivo) e sulla fatica vana di Suso, animatore della rimonta rossonera mancata. Allora l'Inter era la rivelazione della stagione, Spalletti il suo profeta e la squadra una macchina che funzionava quasi alla perfezione. Il Milan invece era ancora alla ricerca di identità tattica, praticava uno sterile 3-5-2 e aveva in Biglia (si lasciò sottrarre la palla che Perisic consegnò a Icardi per la giravolta spettacolare) il suo punto debole invece che il suo centro di gravità. Il derby di domani sera è pronto per essere ancora capovolto come ha minacciato pacificamente D'Ambrosio scommettendo sulla fine del momento di grazia gattusiana. «Con noi in coppa Italia sono ripartiti, con noi si fermeranno», è stato il suo pronostico servito da gerovital per un ambiente depresso in apparenza a causa degli ultimi risultati, una striscia di 8 partite con un solo successo e 5 pareggi.
In cosa è cambiato il Milan? In tutto o quasi. Ha cambiato allenatore, ha modificato sistema di gioco, ha migliorato la condizione fisica, ha moltiplicato sicurezza e autostima e partendo da una distanza siderale (fino a 19 punti il distacco dalle insegne neroazzurre in classifica) è arrivato a meno 7. Per l'occasione è in arrivo da Pechino mister (Yonghong) Li, per molti mister X, considerato una sorta di porta-fortuna: nelle tre sfide cui ha assistito a San Siro è andata di lusso, cominciando da quella dell'anno precedente, col gol di Zapata sulla sirena, convalidato dall'occhio di falco. Eppure a Milanello hanno preso a toccare ferro. Perché anche le strisce più suggestive sono fatte per essere inter(rotte): la prima in materia di gol subiti (porta chiusa da 584 minuti), la seconda in coincidenza col derby domestico (imbattuto dal 2012).
In cosa è peggiorata l'Inter? A dicembre, persa la sfida interna con l'Udinese, c'è stato un corto circuito. Tutte le sicurezze sono sparite d'incanto, l'apporto virtuoso di Borja Valeo e Vecino sceso di qualità e quantità, ma soprattutto Candreva e Perisic, i due tigre nel motore, hanno tradito una flessione fuori dal normale. C'è una fragilità emotiva, la prima analisi di Spalletti sottoposto a qualche critica prima di cambiare registro con Rafinha dietro l'attaccante principale e Cancelo a cavalcare la pista laterale di destra. Non è stata neanche fortunata: l'autogol di Ranocchia (carambola sulla respinta di Skrjniar) a Marassi col Genoa è stata la conferma. Più inquietante il deficit di gioco mostrato col Benevento, padrone del campo e del gioco per 60 minuti. Ernesto Pellegrini, l'ex presidente, ha puntato ancora su Spalletti, qualche tempo fa invitato a cena a casa sua. «Mi ricorda il Trap» ha ripetuto. Adriano Galliani, giocando sulla combinata derby-elezioni ha rievocato quello del 2001. «Mi basterebbe il 2 a 0» ha corretto volando più basso rispetto al 6 a 0 del precedente storico.
Si capisce alla fine che il derby è un mistero glorioso da scoprire minuto dopo minuto perché può regalare conferme magiche o clamorose smentite e capovolgere ancora il dominio di Milano che sembra passato dalla parte dei cinesi morti di fame e di fama, definizione di Raiola.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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