E agonia fu. Mai previsione («se vinciamo le prossime tre partite è la svolta altrimenti è agonia» dixit Mihajlovic) fu così azzeccata da suggerire l'incipit di quest'altro mercoledì nero del Milan. Un autogol in piena regola, insomma. Agonia scandita subito dalla prima sfida del gennaio che sta per diventare, ancora una volta, il mese orribile dei rossoneri (anche Allegri venne licenziato a fine girone di andata due anni prima), inaugurato da una sconfitta che è il funerale di ogni velleità e anche la fine virtuale della missione di Sinisa Mihajlovic, fulminato pure lui, come Inzaghi dal debutto nel nuovo anno. Un anno fa toccò al Sassuolo capovolgere Pippo e le sue ambizioni, adesso è merito, da sottolineare con squilli di tromba, del Bologna di Roberto Donadoni mettere a nudo i limiti, gli errori (di mira) e gli orrori (difensivi) del Milan di Sinisa, tradito dai suoi migliori attaccanti quando ha avuto a disposizione (nella prima ora di gioco) uno, due, tre, quattro match-ball per indirizzare in modo completamente diverso la sfida. Lo confermano le statistiche della sfida: 8 i tiri in porta del Milan contro i 3 del Bologna. Ma da questo strapotere il reddito è diventato una miseria, uno zero in condotta e nel rendimento dei suoi attaccanti migliori. A sbagliare sono stati in successione Bonaventura, Bacca, Niang e poi, solo davanti al portiere, Cerci appena arrivato, tra i fischi, al posto del chiacchierone Honda.
Non a caso, nel tabellino troverete i voti che segnalano Mirante, il portiere del Bologna, tra i migliori in campo. È il muro contro cui si è infranto il miglior Milan della prima parte. È vero: le sue migliori parate sono arrivate grazie all'istinto, a un braccio alzato, a un balzo felino, oltre che al felice piazzamento. Ma in casi clamorosi come questi (specie nell'azione in cui Cerci è lanciato a gol con la porta spalancata) c'è da mettere sotto accusa anche la precisione degli attaccanti. Forse è anche una questione psicologica: errori chiamano errori e su esponenti di ridotta personalità le tensioni e le pressioni producono solo risultati desolanti. Poi quando nel finale le forze sono venute meno, a quel punto, con gamba fresca, è stato il Bologna a rimediare a qualche precedente strafalcione offensivo (proprio Giaccherini è stato rimproverato dei suoi sodali) e a suggellare a capo di un contropiede feroce un pomeriggio da incorniciare con l'ex pupillo di Antonio Conte. Vistoso in quella circostanza il cedimento di natura fisica: perché Abate, spolpato, è rimasto davanti dopo un passaggio sbagliato e quando è ripartito il Bologna, Giaccherini, il suo rivale, è rimasto solo soletto per avere tutto il tempo di fermare palla e stendere Donnarumma, unico tra la sua compagnia a non avere responsabilità.
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