Una corsa piena di sorpassi e adrenalina e pura bellezza motoristica, ma anche un Gran premio insolitamente affollato di vincitori e vinti. Perché ci sono quelli che hanno trionfato in pista, gli Hamilton, i Rosberg, i Perez, i Ricciardo che con i loro meravigliosi duelli hanno emozionato e intrigato. E però ci sono anche tutti coloro che hanno vinto fuori pista: i Todt che la nuova formula uno hanno voluto e quella parte di critica e tifosi che non si è subito scagliata contro la formula noia, contro il rumore che non c'è, contro i sorpassi che non erano più gonfiati da epo gommistica ma solo da umano coraggio e talento. Fra i vincitori fuori pista anche la Mercedes intesa come team, che ha mostrato tutta la propria anima inglese nel lasciar liberi Lewis e Nico di combattere fino all'ultimo. È merito loro se dopo più di venti anni gli amanti di questo sport hanno finalmente rivisto duelli di un'altra epoca, come ai tempi di Senna e Prost, di Piquet e Mansell, roba bellissima.
In questo festival motoristico, dove lo sviluppo tecnico e la ricerca da applicare un giorno alla produzione di serie si sono perfettamente coniugati con il più alto livello della pura competizione sportiva, alzi ora la mano se c'è qualcuno che ha sentito la mancanza del rumore. Suvvia, siamo seri. Per questo fa ancor più male parlare della Ferrari e anche del suo presidente, di Luca di Montezemolo che ha scelto il Gp più sbagliato per la sua visita volta a scuotere gli animi e anche premere perché si tornasse ad altra F1, attuando dei cambi regolamentari in corsa. Se infatti gli sconfitti in pista sono Rosberg che alla fine (però meraviglioso anche lui) ha dovuto cedere chiudendo secondo, o Alonso e Raikkonen mai in gara e nono e decimo, o Vettel letteralmente umiliato da Ricciardo, sono gli sconfitti fuori a fare veramente effetto. E fra questi spiccano Ecclestone che da mesi critica questa F1 e, purtroppo, Montezemolo che lo fa da settimane, alimentando così la sensazione che protesti dopo aver visto che le Rosse non andavano.
Fatto sta, «le macchine sono centrali elettriche, il rumore non c'è, serve un accordo perché dal primo all'ultimo giro si possa spingere... A me sta a cuore che non si snaturi questo sport straordinario...» ha detto in estrema sintesi nel paddock bahreinita. Aggiungendo: «È chiaro che chi è ora davanti non voglia cambiare e che non si possano mutare i regolamenti in corsa, ma questo sport sta perdendo d'interesse, qualcosa va fatto... sono gare di regolarità e la F1 senza rumore è come l'Italia senza pasta. Per cui basta dire che chi parla è perché non vince... Si deve cambiare qualcosa senza mutare i valori in campo». Risultato: prima della dura risposta ricevuta poi dallo show visto in gara, gli è subito arrivata quella dell'ex socio dei trionfi ferraristi dell'Era Schumi, Jean Todt. Il numero uno della Fia ha detto secco: «Mi sembra di essere in una repubblica delle banane, dove uno arriva e dice dobbiamo cambiare... Questo è un autogol se i protagonisti principali di uno sport dicono così... è come se Brad Pitt criticasse il suo ultimo film. Tanto più che queste critiche arrivano da chi non è competitivo. Non ho sentito nessuno dei primi dire contro». Già, vincitori e vinti. Ma ora parliamo solo dei primi. Di Lewis a quota 24 sigilli come Fangio, di Perez snobbato dalla Rossa due anni fa e licenziato dalla McLaren a fine 2013 a podio con rabbia e talento sulla Force India. E di Costa, Aldo Costa.
L'ingegnere dt dell'ultimo titolo Ferrari, anno 2007, mandato via dalla Rossa per volere anche di Alonso e che, da gran capo del'autotelaio Mercedes, ieri era sul podio a brindare, brindare, brindare. Pensateci: perché la Mercedes ha mandato a festeggiare proprio lui? È stata la risposta über alles e in mondovisione al pressing politico di Montezemolo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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