nostro inviato a Reggio Emilia
La maschera di Dybala nasconde i difetti nel trucco della Signora. La Joya cala il tris e schianta il Sassuolo. Sempre più nobile il numero 10 che la Juventus gli ha consegnato a inizio stagione e che sembra aver trasformato l'argentino dal giocatore abulico di un anno fa nell'attaccante implacabile di questi tempi. In questo momento la Juventus è Dybala, quasi una dipendenza cronica. Massimiliano Allegri fiuta la trappola: «Per vincere lo scudetto c'è bisogno di tutti, bisognerà distribuire i gol». La Joya è accecante: sinistro al volo su cross di Mandzukic; tocco di punta alla Ronaldinho per prendere il tempo a Consigli e a chiudere una punizione magistrale. Ma niente paragoni con Messi, soprattutto dopo la lezione del Camp Nou: «Io sono Dybala, voglio solo essere me stesso», dice il capocannoniere a segno in tutte e quattro le partite.
Paulo festeggia le 100 presenze in bianconero con un triplo salto che lo porta a quota 52 gol. Matuidi si aggiunge alla standing ovation dello stadio a parole: «Decide le partite da solo come solo i grandi». E questa è una fortuna perché permette alla Juventus di lavorare con relativa calma sulle inevitabili lacune, ma alla lunga può rivelarsi un limite. Perché appena Dybala rallenta si è visto cosa succede, Barcellona insegna. Insomma, appena toglie la maschera la Joya, emergono i difetti. Uno su tutti si chiama Gonzalo Higuain: imbolsito e triste anche al Mapei Stadium con tante giocate da «voglio, ma non posso». Si stanno insinuando i germi della crisi in un giocatore che vive per segnare. Nervoso al cambio più che altro con se stesso, qualche fischio se l'è preso ma l'allenatore lo protegge: «Nessun caso, non ci deve pensare perché più cerca il gol meno lo trova».
Se Higuain non è un caso, per ora, i problemi della Juventus sono reali. Perché Allegri rispetto a Barcellona ne cambia cinque, torna al modulo a trazione offensiva, ma le imperfezioni rimangono. A partire dalla difesa che incassa un gol «che non dovevamo prendere» dirà l'allenatore, fatale la distrazione di Lichtsteiner. La Juventus vive su un equilibrio tattico precario: gli esterni d'attacco in fase di non possesso non garantiscono ancora il necessario supporto al centrocampo, dove Pjanic e Matuidi devono cantare e portare la croce. Il francese avverte: «Dovremo essere pronti a sgobbare di fronte alle difficoltà», la sua filosofia. Di pari passo riecco i limiti mentali di una squadra che si scompone alla prima difficoltà che sia un gol (Barcellona) o un paio di sbandamenti come ieri. Così una partita che sembrava chiusa col raddoppio si è riaperta all'improvviso con il centro di Politano concedendo occasioni a un Sassuolo alle prese con un difficile cambio di gestione e orfano anche della qualità di Berardi.
Può essere la conseguenza di una Signora che sta cambiando nel dna: non più fondata sulla difesa, ma votata all'attacco. Da 58 anni non segnava 13 gol nelle prime quattro partite, ma Allegri mette in guardia: «Da 10 anni vince lo scudetto la miglior difesa, se così non fosse speriamo di essere noi a sfatare questo tabù». Con un Dybala così tutto è possibile.
Intanto ci si mette alle spalle una settimana complicata da Barcellona al processo sportivo per i biglietti agli ultrà: «Siamo vicini al presidente Agnelli, l'unica cosa che potevamo fare era vincere». Quattro vittorie su quattro, risposta all'Inter raggiunta in vetta insieme al Napoli. Dunque missione compiuta: Dybala indossa la maschera e fa bella una Juve che comunque sarà dura buttare giù dal trono.
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