Oggi si fa sul serio. Dopo la straziante veste panterata e l'andatura da bullo di Robbie Williams, tipo Gianluca Vacchi nostrano; dopo la stretta di mano consolatrice, al primo gol russo, di Vladimir Putin a Mohammed Bin Salman, principe ereditario saudita che probabilmente non userà la stessa eleganza con il proprio allenatore Pizzi, vista l'umiliazione davanti a un miliardo e mezzo di telespettatori; dopo la sfilata di quella sventola bellissima di Natalia Vodianova; dopo aver visto otto arbitri in una volta sola, divisi da ruolo e competenze (il quartetto, ieri disoccupato, al Var è davvero uno spettacolo di arte varia); dopo il garrire di trentadue bandiere, ennesima vergogna della nostra assenza sventurata, ecco che il mondiale si apre ai giochi forti, scendono in campo sei nazionali di censo differente ma di polpa e sostanza, chiedendo scusa a russi e arabi che hanno onorato il debutto, senza particolari eccitazioni, salvo quelle folkloristiche enunciate.
I russi oggi scoprono l'Egitto di Salah (ancora in dubbio) e l'eterno Uruguay, con la coppia di guerriglieri Cavani-Suarez, a Montevideo si scommette sul nome del primo goleador della Celeste, al 35% Edinson Cavani, al 19% Suarez, al 13% Godin.
La partita si gioca a Ekaterinburg, nome rivisto e corretto della città che a metà luglio di cento anni fa, festeggiò la fucilazione dell'ultimo zar Nicola II e dei vari sfortunati astanti, parenti e affini, moglie, figli cinque, medico, inserviente, cuoco, dama di compagnia con figlie e, infine due cani. Il secolo della rivoluzione porta a novanta minuti di football, egiziani e uruguagi sono stati informati dell'anniversario, evitando qualunque accenno.
A San Pietroburgo si può prevedere calcio speziato tra Marocco e Iran ma l'appuntamento più importante avviene a Sochi, dove il raffinato e coraggioso Sergio Ramos potrebbe abbattere il sodale Cristiano Ronaldo, risolvendo il dubbio che affligge Florentino Perez e il suo portafoglio: trattasi di Spagna-Portogallo, partita verissima, già con il sapore del vivi e lascia morire.
Sarà, poi, curioso vedere e capire quanto un allenatore possa pesare su una squadra, Fernando Hierro ha preso in mano la Spagna da quarantotto ore, sedendosi in panchina al posto di
Lopetegui. D'accordo, le furie sono rosse e giocano a memoria ma l'ex capitano del Real Madrid dovrà pure dare un segnale della propria promozione. C'è voglia di buon calcio, per non pensare sempre all'Italia sciagurata.
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