Lui l'altro giorno ha detto testuali parole: «Quando sono arrivato in Ferrari pensavo che avrei vinto il titolo subito...». Lui ieri è salito sulla sua Ferrari e mentre Hamilton gettava via la pole con un erroraccio in staccata, mentre Rosberg ringraziava e se la teneva stretta stretta, lui sconsolato si è preso il suo bravo decimo e faticoso tempo (9° grazie a Ricciardo retrocesso) e più di tanto non si è disperato perché «bisogna aver pazienza, sapevamo che qui sarebbe stata dura... in più non capisco: in qualifica la potenza del motore è andata calando, dobbiamo verificare...». Perché lui Alonso ha già capito tutto. Anche quest'anno sarà una di quelle stagioni lì. Senza trippa vera e gustosa e neppure un cracker, un pillolino d'integratore a far sentire meno la fame. Dieta ferrea. A stecchetto. Oddio, semmai potrebbe arrivare una bella iniezione d'ottimismo e di Epo politica a drogare il campionato. Questo sì. Nel caso oggi Montezemolo ed Ecclestone dovessero riuscire a convincere tutti quanti, da Todt e la Fia ai boss dei team e la Mercedes. Convincerli che per il bene supremo dello spettacolo e contro il nemico pubblico Noia vanno aggiustate certe regole. Passi per la liberalizzazione del flusso orario che sgombrerebbe il campo dai sospetti sull'aggeggio Fia che lo controlla dando libertà ai team di osare a proprio rischio e pericolo di restare poi a secco. Ma che non venga in mente davvero, come proposto, di accorciare i Gp annullando di fatto il tema consumi e probabilmente neutralizzando parte del vantaggio tecnico dei tedeschi. Passerebbe un brutto messaggio. Per la F1. Ma anche per la Ferrari.
Si vedrà. Nell'attesa, godiamoci alcune belle certezze che, purtroppo - e i ferraristi non se ne abbiano, non si tratta di accanimento -, li tirano nuovamente in ballo. Perché le belle certezze hanno gli sguardi giovani e spesso sorridenti dei Ricciardo, dei Bottas, dei Magnussen, dei Kvyat. Giovani che proprio secondo Maranello nella formula rivoluzionata di quest'anno avrebbero potuto incontrare problemi. Da qui, ci avevano spiegato, «la scelta di puntare su Raikkonen», rinviando la pratica Hulkenberg. Giovani inesperti che stanno ora menando sberle a destra e manca: Ricciardo, ad esempio. Scaraventato dalla Toro Rosso alla Red Bull si è preso la prima fila in Australia al debutto, la terza in Malesia e ieri si sarebbe tenuto stretta la seconda, terzo tempo, se su di lui non fosse calata la mannaia dei 10 posti di penalità inferti a Sepang. Questo mentre Vettel per la seconda volta quest'anno non è riuscito ad approdare in Q3 (scatterà decimo proprio grazie alla retrocessione del giovane compagno). E mentre Kimi (ieri 5°, magari in ripresa, speriamo) comunque ha fin qui faticato da matti ad abituarsi alla Ferrari e al turbo e all'ibrido e a tutte queste cose nuove. E di Magnussen in McLaren, di tutto il gran bene che sta facendo vedere? E di Bottas che in Williams, oltre a far vedere belle cose, ha fatto tornare l'incubo degli ordini di scuderia al povero Felipe Massa?
No, non è accanimento verso la Ferrari, non vuole esserlo, però è nelle cose che nell'anno zero di una nuova F1, stagione in cui tutti avevano pari opportunità di giocarsi bene le proprie carte, certe cose, certe scelte anche del passato saltino subito all'occhio.
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