Comunque vada a San Paolo, domenica, sarà festa per qualcuno ma non sarà una vera festa dello sport. Non può esserlo. Saranno brindisi e abbracci e bene e bravo e bis, saranno la Red Bull che brinda se vince Vettel o la Ferrari che esulta se trionfa Alonso. Saranno sfoghi di adrenalina e commenti entusiasti o frasi acide e commenti al vetriolo. Comunque vada il vero vincitore sarà uno e uno soltanto: Mr Bernie Ecclestone. Che il mondiale più lungo di sempre ha fortissimamente voluto e che la sfida finale Vettel-Alonso in quel di San Paolo ha issato inevitabilmente sul gradino più alto. Del business, però.
Comunque vada a San Paolo non sarà una vera e completa festa dello sport perché sono anni che la Red Bull fa l'acrobata sul filo e anche oltre dei regolamenti pirlando un po' tutti coloro, Ferrari in primis, che i regolamenti li rispettano. Questione di gas di scarico che incollano a terra l'anno passato e pure quello prima e di assetti picchiati e ali flessibili e musi di gomma stavolta. E non sarà festa completa perché la Ferrari, non volendo o non riuscendo ad essere acrobata sul filo della legalità del regolamento tecnico, ha deciso di essere estrema nell'uso di altre norme. Quelle che governano le procedure di gara. Per cui ha sacrificato Massa col finto problema al cambio e la conseguente retrocessione in griglia pur di regalare una posizione ad Alonso e soprattutto il lato buono della pista al via. Una mossa che ha subito prodotto il risultato cercato: la partenza a missile dello spagnolo, i tre sorpassi in pochi metri e il podio limita danni frutto anche della provvidenziale vittoria di Hamilton. E ora non è che de Coubertin si stia spellando le mani. Però ben ha fatto il team a non nascondere la manovra accampando noie tecniche varie; anzi, ha precisato che si trattava di strategia per aiutare lo spagnolo. Di questa trasparenza va dato atto al team principal Domenicali. Resta il fatto che se da una parte la Rossa sta raschiando il barile pur di restare in corsa, dall'altra ha deciso di rispondere occhio per occhio alla rivale viste le troppe perplessità che stazionano sulle soluzioni Red Bull (vedi i musi di gomma).
Questo alla voce team e tecnica e regolamenti. Alla voce piloti, comunque vada a San Paolo, uno dei due avrà meritato. Perché Vettel non ha concluso 3 gare su 19 e da Singapore è sempre a podio (4 vittorie, un 3° e un 2°). Tanto più che a metà stagione era molto dietro (lo spagnolo 1° con 154 punti, Seb 3° 110). Alonso ha l'enorme merito di essersi caricato in spalla il team a inizio stagione quando tutto remava contro, ha concluso tutti i Gp tranne due ma solo per incidente. Totalmente incolpevole sul primo, quello di Spa, un filino responsabile sul secondo, in Giappone, con Raikkonen, quando forse ha preso qualche rischio in più del dovuto. Senza questi botti, sarebbe certamente andato a podio e ora la classifica lo vedrebbe comunque leader. Ma i se contano niente.
Però, «se» dovesse piovere - come sembra - a San Paolo, una gara già di suo ad altissima indecisione, diverrebbe una roulette. Lo sanno bene i ferraristi che proprio nel 2007 beffarono con Raikkonen i due litiganti McLaren messi meglio in classifica Hamilton e Alonso; e che nel 2008 furono campioni del mondo sotto la pioggia con Massa ma per soli 500 metri.
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