Se il Milan avesse la testa fredda di Adriano Galliani e l'apparente serenità di Allegri, forse uscirebbe con un colpo di coda dalla curva a gomito che gli si para davanti. Tra Barcellona stasera e domenica pomeriggio Verona (Chievo) può invece finire fuori strada e andare incontro a una crisi ancora più avvilente e pericolosa. Col carico di insicurezze, dubbi, paure, cali di condizione e umore sotto i tacchetti, il suo destino, stasera almeno, in Champions, sembra segnato nello scenario del Camp Nou, un tempo teatro di strepitose imprese. «Non saremo la vittima sacrificale» è la risposta orgogliosa di Allegri al quesito del giorno che riguarda la frattura societaria, aggiunta alla caduta libera di risultati, gioco e credibilità complessiva del gruppo. «Né il Barcellona né il Chievo mi agitano» la seconda risposta trasferita allo spogliatoio nella speranza di rianimare il team che avrebbe un bisogno disperato di un ormeggio sicuro. Fino a ieri fu rappresentato dal club, incarnato dal carisma personale di Adriano Galliani, speso nei giorni difficili. Adesso anche questo paracadute risulta bucato dall'attacco feroce di Barbara Berlusconi, poi ricucito ma che lascia lungo la strada tracce evidenti. Per esempio nei giudizi raccolti presso il mondo Fininvest, tutto dalla parte dello storico collaboratore di Silvio Berlusconi. Pensando di svelare chissà quale segreto, Emilio Fede fa sapere che «il presidente non gradisce il calcio di Allegri». Non è una novità e nemmeno una notizia, infatti.
Sono altre le conseguenze di quella nota d'agenzia pubblicata domenica 4 novembre sul far della sera. Per esempio lo stato dei rapporti umani tra i due, Galliani e Barbara Berlusconi, naufragati per il momento: il tentativo di incontrarsi e parlarsi è stato respinto dall'ad. Che sull'argomento è chiuso in difesa più del mitico Trapattoni. «Io metabolizzo tutto, vado avanti e di vicende societarie non parlerò per il resto della mia vita» la frase ripetuta che garantisce sul comportamento. Nemmeno una parola su Barbara Berlusconi. Forse solo qualche sguardo gelido stasera, al Camp Nou, dove la figlia del presidente è in arrivo (probabilmente senza partecipare al pranzo ufficiale) per marcare l'attaccamento alla squadra. «Non deve mai venire meno la vicinanza al Milan» la frase fatta circolare. Solo il presidente Silvio Berlusconi può ricomporre la frattura con un incontro a tre: le diplomazie stanno provando a organizzarlo per il fine settimana in occasione del rientro dell'ex premier da Roma.
Galliani viaggia con la sua corazza, reduce dalle telefonate con Florentino Perez, presidente del Real Madrid, di Carlo Ancelotti («è stato generoso nel paragonarmi a Cristiano Ronaldo»), Allegri sembra abbia superato la depressione di sabato notte. Entrambi si ritrovano sulla stessa barca e perciò continuano a fare blocco comune alla vigilia di una sfida che può sotterrare le ultime speranze di rimettere in rotta di navigazione la barca. A Barcellona, nelle ultime tre sfide, il Milan ha rimediato un paio di bambole e riuscito in una sola impresa, il 2 a 2 con Pato e Thiago Silva in gol. Nove gol subiti in tre partite sono una premessa per niente incoraggiante, nonostante la frase di Tata Martino che ha voglia di giocare a nascondino. «Anche noi siamo in crisi» dice, forse per far accreditare l'idea di Messi non al meglio e del resto dell'armata in declino. Il ritorno di Abbiati in porta e di Mexes in difesa rappresentano un paio di cerotti applicati a un muro che mostra crepe da tutte le parti. Non possono risolvere il deficit di gioco, oltre che di identità.
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