Pier Augusto Stagi
Sono sbarcati in Normandia per affrontare il mondo, conquistare la Francia e dare l'assalto al Tour. Vincenzo Nibali e Fabio Aru sono la strana coppia del ciclismo italiano: stessa maglia - quella celeste dell'Astana e stesso obiettivo: arrivare a Parigi nella migliore posizione possibile. Quale? Evitate di chiederlo, perché vi manderebbero all'unisono cordialmente a quel paese. E non è un bel paese.
In Normandia, dove oggi scatta l'edizione numero 103 della Grand Boucle (tappa in linea da Mont-Saint Michel a Utah Beach, 188 km) i due sono stati accolti un po' così, con quella faccia un po' così che hanno loro i galletti di Francia quando vedono due galli nello stesso pollaio. Sguardi di sufficienza, sorrisini maliziosi. L'interrogativo è uno e uno solo: potranno i nostri eroi andare d'accordo per tre settimane cercando se non proprio di amarsi almeno di onorarsi e rispettarsi? Noi l'abbiamo chiesto ai diretti interessati.
Siete pronti?
Nibali: «Sto bene, sono sereno, parto senza la pressione di dover fare qualcosa di eccezionale perché come sapete mi piacerebbe uscire da questo Tour con una condizione ottimale per poter disputare una grande Olimpiade. Certo, sono qui in Francia non per portare in giro la bicicletta, ma per aiutare Fabio che è al suo esordio al Tour».
Aru: «Ho lavorato sodo e bene al Sestriere. Domenica scorsa ho disputato un buon campionato italiano e ora non vedo l'ora di gettarmi in questa nuova avventura. Io al Tour? Come un bimbo che apre l'uovo di Pasqua».
Come vedete la vostra convivenza?
N. «Bene. Corriamo per la stessa squadra, abbiamo la possibilità di essere complementari e utili alla causa. Froome, Quintana, Contador, Bardet, Pinot, Porte e via elencando puntano dritto alla maglia gialla? Bene, noi dovremo essere bravi a rompere le uova nel paniere».
A: «Vincenzo ha vinto il Giro ed è qui per mettere a punto la condizione in vista di Rio, io sono all'esordio sulle strade di casa: non abbiamo nulla da perdere, né io né lui. Per questo sono convinto che potremo fare qualcosa d'importante e di bello assieme. Non ci credete? È un problema vostro, non nostro».
Chi sarà il capitano?
N: «Fabio, come è giusto che sia. Lui questa corsa la sta preparando da questo inverno. Si è applicato profondamente ed è giusto che parta con questa responsabilità. Io però ci sono, pronto a dargli una mano, a muovermi in funzione sua e della squadra».
A: «La punta sono io e il ruolo non mi spaventa neanche un po'. Sono esordiente, è vero, ma non sono il tipo al quale tremano le gambe».
Cosa chiedete al vostro Tour?
N: «Di divertirmi. Se mi diverto significa che tutto sarà andato bene».
A: «Vorrei fare una corsa di livello, senza rimpianti, senza se e senza ma».
Questo Tour vi piace?
N: «Sulla carta è molto bello, perché non banale e per certi versi è anche imprevedibile. Si partirà con una tappa adatta ai velocisti, ma già dal giorno dopo ci sarà da divertirsi. Nove le tappe di pianura e quelle di montagna, più due cronometro individuali e una sola frazione di collina. I Pirenei tosti, ma anche le Alpi non scherzano. Penso che questo Tour si deciderà negli ultimi quattro giorni: tostissimi».
A: «È un Tour molto aperto, dove si deve andare forte, molto forte su tutti i terreni. Salita ce n'è, disseminata tra Massiccio Centrale, Pirenei, Massiccio del Giura e Alpi. Bellissima e suggestiva la tappa pirenaica del Tourmalet e del Col de Peyresourde entrambi di 1ª categoria. L'ultimo scollinamento è a 15,5 km dall'arrivo. Ma anche quella che arriverà sul Mont Ventoux è di un fascino unico».
Pensate che sarà una sfida tra Froome e Quintana?
N: «Sono chiaramente i due corridori che partono in prima fila. Il britannico insegue il tris, il colombiano il primo trionfo dopo due secondi posti. Però io e Fabio non saremo comparse».
A: «Io non trascurerei Alberto Contador: si è preparato molto bene, ha una classe immensa anche se non è più giovanissimo e penso che possa essere a tutti gli effetti la terza forza. Poi ci siamo io e Vincenzo, che potremmo davvero fare qualcosa di importante».
Cosa pensate l'uno dell'altro?
N: «Fabio è un grande corridore che ha già fatto vedere cose importanti. Non si arriva due volte sul podio del Giro per pura fortuna e men che meno si vince una Vuelta per grazia ricevuta. È già adesso tra i grandi del ciclismo e può solo migliorare».
A: «Dire una cosa su Vincenzo? È la storia che parla per lui: ha vinto tutto quello che c'era da vincere. E per me è un onore averlo al mio fianco».
A chi sostiene che tra voi due voleranno stracci, cosa vi sentite di dire?
N: «Le parole volano, spero solo che volino anche le nostre biciclette: è l'unico modo che conosco per battere la diffidenza».
A: «Ci
conosciamo e ci stimiamo, in questi anni ho imparato tanto da Vincenzo e spero che anche lui possa aver appreso qualcosa dal sottoscritto. Sappiamo entrambi che sono in molti ad aspettarci al varco, ma noi siamo sereni».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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