Gian Carlo Minardi Il ricordo dell'amico

"Senna mi disse: vinco il 5° titolo e poi correrò con la Minardi"

Sarebbe rimasto un segreto custodito per sempre nel cuore di un uomo per bene. Poi, un giorno, anni dopo il dramma, un padre svelò tutto convinto, a ragione, di interpretare il volere del figlio. Milton Da Silva, papà di Senna, disse più o meno questo: «Se Imola non ce lo avesse portato via, dopo il quinto titolo Ayrton avrebbe corso per la Minardi. Perché era molto legato a Giancarlo e di lui si fidava ciecamente». «È vero» ricorda ora l'ex manager di F1. «Quante serate abbiamo trascorso insieme in giro per il mondo a parlare di corse e vita e a scambiarci opinioni. Penso anche a quelle ultime chiacchierate, ad Aida, durante il Gp prima di Imola e al telefono, nei giorni precedenti».
Ayrton il mito, forse il più grande di sempre e la piccola Minardi.
«Se suo papà non avesse svelato lo stretto rapporto che avevamo, mai avrei detto nulla. Ero lusingato che un pilota immenso e un uomo di grandi valori come Ayrton avesse così fiducia in me. Per cui non mi andava di sbandierare tutto in giro... Anche dopo la sua morte, sarebbe stato come tradire un'amicizia di anni in cui ci eravamo scambiati pareri e confidenze su tutto. Dallo sport, alle passioni, alla vita...».
Quando lo incontrò la prima volta?
«Nel 1982, ad Hockenheim. Lui correva in Formula Ford. Fu Paolo Barilla (ora vice presidente del Gruppo Barilla, ma ex pilota, ndr), a consigliarmi di andare a trovarlo. Gli feci un'offerta per correre con me la stagione dopo, in Formula 2... Ayrton rifiutò perché aveva pianificato ogni mossa della sua carriera. Però apprezzò che fossi stato il primo a proporgli un volante e ad offrigli uno stipendio».
Da qui la promessa di correre un giorno con le sue macchine.
«Una volta diventato il campione che tutti conosciamo, me lo ricordava spesso... “Giancarlo” diceva “vinco cinque titoli e poi vengo a correre da te una stagione”. Ricordo che a disputare un campionato con il mio team pensò anche a fine '92, quando si trovò in difficoltà con la McLaren. Invece lo consigliai di restare in McLaren tenendosi però libero. E fece quel contratto... quello in cui correva a gettone (un milione e rotti a gara, ndr). Quante telefonate a tutte le ore dal Brasile, quanto parlavamo. Una sera, era febbraio, un freddo pazzesco, c'era una serata d'onore a Faenza e Ayrton mi chiamò. Uscii in piazza, senza cappotto, ero in smoking. Due ore a parlare così. La gente intorno pensava che avessi una storia con qualche donna misteriosa, invece ero al telefono con Ayrton».
Certo che se Senna fosse venuto per un anno in Minardi, nel '93...
«E pensi che a Donington fece quella gara capolavoro sotto la pioggia andando a vincere. La Minardi chiuse sesta. E il nostro motore era lo stesso Ford della McLaren...».
Significa che la prima vittoria Minardi l'avrebbe potuta firmare un mito come Senna. Ma perché gli consigliò quel contratto strano con la McLaren?
«Perché mi chiamava dal Brasile per sapere che cosa ne pensassi, perché era un amico, perché in questi casi io antepongo sempre quel che è giusto per la persona che mi chiede consiglio al mio interesse personale. Sono fatto così. Senna in Minardi? Con lui sarebbero cambiate le gomme, i motori, cambiava il mondo con lui. E forse sarebbe cambiata la sua vita. Ma con i se e i ma non si va da nessuna parte. I se e i ma non contano nulla. O contano troppo. Sapevo solo che cinque titoli Ayrton li avrebbe vinti a mani basse e il solo pensiero che ogni volta ribadisse il suo desiderio di venire da noi mi riempiva il cuore d'orgoglio».
Giancarlo, Imola, l'ultimo ricordo.
«Avevo due auto in pista che correvano. Quella di Alboreto ai box perse una ruota che investì dei meccanici. Fu l'ultimo incidente di quel week end infernale.

Ricordo che ad ogni giro Martini, l'altro mio pilota e amico di Ayrton, chiedeva notizie su Senna via radio. E noi a dargli informazioni vaghe... Però un mio caro amico di Faenza era fra i soccorritori e... e io sapevo già tutto».

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