L’ultimo sguardo.«Fu dolcissimo. Aveva la visiera sollevata, aspettava il mio via per rientrare in pista, gli feci segno. Era il momento. Partì. Mi chiedo ancor oggi come sarebbe andata se avessi aspettato qualche istante a dargli l’ok o se avessi fatto più in fretta, regalandogli secondi preziosi...». Forse Gilles non avrebbe incontrato la March bianca e blu di Jochen Mass che gli dà strada e non si capiscono e forse alle 13 e 53 di quel fottuto 8 maggio 1982, a Zolder, non sarebbe volato via per sempre. Paolo Scaramelli, capo meccanico di Villeneuve, si tormenta ancora e si commuove perché «eravamo una famiglia e lui e suamoglie Joanna a volte per gli impegni del Gp mi affidavano i figli e io li tenevo nel box mentre lavoravamo, mettevo Jacques nell’abitacolo e via... ricordo che Gilles mi diceva:Paolo,sull’elicottero la valigia non ci sta, me la porti tu a casa? A Zolder mi rimase solo la valigia...».
L’ultimo sguardo è quello di Jacques Villeneuve davanti al video che ripropone il mitico duello di Digione ’79, tra suo padre e Arnoux, due giri di sorpassi e toccate e la F1 più bella di sempre. È appena sceso dalla 312 T4 di quella sfida, giri emozionati sulla pista di Fiorano. Ai box c’era tutta la Ferrari,dal presidente Montezemolo («Gilles correva per la gara, non per il campionato ») al team principal Domenicali ad Alonso e Massa, e c’era quella del passato, di suo padre, con i meccanici di allora in casacca giallo Agip. «Era aggressivo, ma corretto» dice fiero Jacques «avete visto il video? Non si sono mai chiusi la porta. Oggi non succede, oggi vedo tante scorrettezze,all’epoca sapevano di potersi ammazzare ora guidano come sui video game, non hanno testa...». Accanto a lui Alonso annuisce, «sì, arrivano così già dalle formule minori, bisogna far qualcosa»,anche Felipe Massa fa cenno di sì ed entrambi, se non fosse per la maggior sicurezza delle monoposto di oggi, farebbero carte false per provare le emozioni di un tempo «perché tuo papà guidava di traverso» dice Felipe «e oggi non si potrebbeper la troppa aerodinamica », «sì, oggi sei costretto a frenare sempre nello stesso punto» aggiunge Alonso. Jacques ascolta e a chi gli domanda perché lui che ha vinto il mondiale non sia un mito come il padre che ha vinto poco, risponde «perché io sono vivo...E comunque sarei morto se avessi corso in quell’epoca visto che da Gilles ho ereditato il piacere del rischio e la voglia di spingere al massimo... Questo tributo è per lui ma ha fatto felice me: volevo capire come facesse a prendere quei rischi all’epoca,ma dopo pochi giri ho compreso che si poteva, questa è una grande macchina». Poi un rimpianto: «In fondo è stata la mia unica occasione per guidare la Ferrari... Dopo il mondiale vinto nel ’97 sarei venuto qui volentieri, ma c’era Schumacher,non era possibile ».Ora Schumi non c’è.Anche per questo Jacques in fabbrica firmerà il cerchione della ruotata fra i due a Jerez, fotofinish iridato di quel titolo perso dalla Rossa.
L’ultimo sguardo è nascosto nelle lacrime di Melanie trent’anni dopo, mentre il fratello gira sulla T4. «Mamma senti, senti il motore e guarda...» urla questa donna di 36 anni alla madre che si distrae. «Ricordo che la vita vera per noi era alle gare, nel paddock, quella fuori era un luna park». «Sì» conferma Jacques, «i voli in elicottero, le corse in motoslitta, con papà facevamo cose fuori dal mondo e se non le avesse fatte non sarebbe stato nostro padre».
L’ultimo sguardo è racchiuso negli occhi grandi di Joanna Villeneuve, la moglie, la vedova, praticamente un altro Gilles per quell’incoscienza di donna dei motori, di donna di un marito volato via e madre di un figlio che il Dio dei motori ha tenuto in terra ma che ha percorso la stessa via del genitore. «Sì, ho sempre avuto paura, ma una madre deve sapere assecondare la passione di un figlio» ammette, dice, ripete, sorride.
L’ultimo sguardo è quello incupito di Jacques quando si ritorna a Imola ’82, la gara prima di Zolder, quella del grande sgarbo di Pironi, della vittoria rubata a Gilles, del cartello slow su cui Piero Ferrari, il figlio del Drake, dice «forse nessuno dei due piloti lo interpretò correttamente». Jacques non sorride: «Papà era arrabbiatissimo.
La psicologia di un pilota va capita perchése arriva in pista alterato, allora non riflette come deve e rischia di fare cose che non dovrebbe». Visiera giù, giro veloce, l’auto bianca e blu e quell’ultimo sguardo.Dolcissimo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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