Gilles, 30 anni nel mito "Coraggioso e leale, altro che i piloti d'oggi"

Jacques finalmente sulla Rossa di papà Villeneuve. "Lui è leggenda. Io ho vinto di più ma sono vivo"

Gilles, 30 anni nel mito "Coraggioso e leale, altro che i piloti d'oggi"

L’ultimo sguardo.«Fu dolcissi­mo. Aveva la visiera sollevata, aspettava il mio via per rientrare in pista, gli feci segno. Era il momen­to. Partì. Mi chiedo ancor oggi co­me sarebbe andata se avessi aspet­tato qualche istante a dargli l’ok o se avessi fatto più in fretta, regalan­dogli secondi preziosi...». Forse Gilles non avrebbe incontrato la March bianca e blu di Jochen Mass che gli dà strada e non si capiscono e forse alle 13 e 53 di quel fottuto 8 maggio 1982, a Zolder, non sareb­be volato via per sempre. Paolo Sca­ramelli, capo meccanico di Ville­neuve, si tormenta ancora e si com­muove perché «eravamo una fami­glia e lui e sua­moglie Joanna a vol­te per gli impegni del Gp mi affida­vano i figli e io li tenevo nel box mentre lavoravamo, mettevo Jac­ques nell’abitacolo e via... ricordo che Gilles mi diceva:Paolo,sull’eli­cottero la valigia non ci sta, me la porti tu a casa? A Zolder mi rimase solo la valigia...».

L’ultimo sguardo è quello di Jacques Villeneuve davanti al video che ripropone il mitico duello di Digio­ne ’79, tra suo padre e Arnoux, due giri di sor­passi e toccate e la F1 più bella di sempre. È appena sceso dalla 312 T4 di quella sfida, giri emozionati sulla pista di Fiorano. Ai box c’era tutta la Ferrari,dal presidente Montezemo­lo («Gilles correva per la gara, non per il campiona­to ») al team principal Do­menicali ad Alonso e Mas­sa, e c’era quella del passa­to, di suo padre, con i mec­canici di allora in casacca giallo Agip. «Era aggressi­vo, ma corretto» dice fiero Jacques «avete visto il vi­deo? Non si sono mai chiu­si la porta. Oggi non succe­de, oggi vedo tante scorrettezze,al­l’epoca sapevano di potersi am­mazzare ora guidano come sui vi­deo game, non hanno testa...». Ac­canto a lui Alonso annuisce, «sì, ar­rivano così già dalle formule mino­ri, bisogna far qualcosa»,anche Fe­lipe Massa fa cenno di sì ed entram­bi, se non fosse per la maggior sicu­rezza delle monoposto di oggi, fa­rebbero carte false per provare le emozioni di un tempo «perché tuo papà guidava di traverso» dice Felipe «e oggi non si potreb­be­per la troppa aerodi­namica », «sì, oggi sei costretto a fre­nare sempre nello stes­so punto» aggiunge Alonso. Jac­ques ascolta e a chi gli domanda perché lui che ha vinto il mondiale non sia un mito come il padre che ha vinto poco, risponde «perché io sono vivo...E comunque sarei mor­to se avessi corso in quell’ep­oca vi­sto che da Gilles ho ereditato il pia­cere del rischio e la voglia di spinge­re al massimo... Questo tributo è per lui ma ha fatto felice me: volevo capire come facesse a prendere quei rischi all’epoca,ma dopo po­chi giri ho compreso che si poteva, questa è una grande macchina». Poi un rimpianto: «In fondo è stata la mia unica occasione per guidare la Ferrari... Dopo il mondiale vinto nel ’97 sarei venuto qui volentieri, ma c’era Schumacher,non era pos­sibile ».Ora Schumi non c’è.Anche per questo Jacques in fabbrica fir­merà il cerchione della ruotata fra i due a Jerez, fotofinish iridato di quel titolo perso dalla Rossa.

L’ultimo sguardo è nascosto nel­le lacrime di Melanie trent’anni do­po, mentre il fratello gira sulla T4. «Mamma senti, senti il motore e guarda...» urla questa donna di 36 anni alla madre che si distrae. «Ri­cordo che la vita vera per noi era al­le gare, nel paddock, quella fuori era un luna park». «Sì» conferma Jacques, «i voli in elicottero, le cor­se in motoslitta, con papà faceva­mo cose fuori dal mondo e se non le avesse fatte non sarebbe stato no­stro padre».

L’ultimo sguardo è racchiuso ne­gli occhi grandi di Joanna Villeneu­ve, la moglie, la vedova, pratica­mente un altro Gilles per quell’in­coscienza di donna dei motori, di donna di un marito volato via e ma­dre di un figlio che il Dio dei motori ha tenuto in terra ma che ha percor­so la stessa via del genitore. «Sì, ho sempre avuto paura, ma una ma­dre deve sapere assecondare la passione di un figlio» ammette, di­ce, ripete, sorride.

L’ultimo sguardo è quello incu­pito di Jacques quando si ritorna a Imola ’82, la gara prima di Zolder, quella del grande sgarbo di Pironi, della vittoria rubata a Gilles, del cartello slow su cui Piero Ferra­ri, il figlio del Drake, di­ce «forse nessuno dei due piloti lo interpre­tò correttamente». Jacques non sorride: «Papà era arrabbiatis­simo.

La psicologia di un pilota va capita per­ché­se arriva in pista al­terato, allora non ri­flette come deve e ri­schia di fare cose che non dovrebbe». Visie­ra giù, giro veloce, l’auto bianca e blu e quell’ultimo sguardo.Dolcis­simo.

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