Tutti via, tutto in fretta. Londra sta già smontando la sua Olimpiade. Nemmeno il tempo di chiudere le gare e in alcuni palazzetti gli operai erano già con i bulloni in mano. Gli inglesi se la sono goduta, stadi pieni e audience alle stelle, ma tutto il suo castello, impianti e zone olimpiche, dava una sensazione di precario: di dover esistere solo per il tempo dei Giochi. Non così quello che ci ha lasciato. Il mondo olimpico si è allargato, capita ogni quattro anni. Prendi il mappamondo e aggiungi qualche freccetta. Vai in fondo al medagliere e peschi Hong Kong e Qatar, Bahrain e Singapore, Tagikistan e Kuwait, che ha vinto la sua seconda medaglia della storia sempre con il tiratore Al Deehani, 12 anni dopo quella di Sydney. Fa medaglia il Botswana nell'atletica, un ugandese con il nome da keniano vince la maratona regalando al suo paese il secondo oro della storia dopo quello mitico di John Akii Bua a Monaco '72. Il Giappone torna a galla nella pallavolo femminile, come in quella maschile la Russia ritrova l'oro che mancava dai tempi dell'Unione Sovietica (Mosca '80).
Guardi la cartina geografica dei Giochi, giorno dopo giorno, e catturi il senso del cambiamento: una volta Europa e Stati Uniti bilanciavano i podi. Oggi Africa e Asia tengono indietro perfino l'Europa: hanno imparato negli sport che non fanno parte della loro tradizione. Assoldano maestri e tecnici dai paesi più evoluti, mandano gli atleti ad imparare in America.
Stavolta le novità assolute dicono: Cipro (vela), Guatemala (marcia), Gabon (taekwondo), Montenegro (argento nella pallamano femminile e legno nella pallanuoto maschile), ma soprattutto Grenada (atletica). Ad ogni Olimpiade c'è sempre la prima volta: prima volta di una medaglia, prima volta di un oro, prima volta di una partecipazione. Il mondo si allarga, si restringe la leadership del campione. Tolti i fenomeni, leggasi Phelps e Bolt, si può scegliere in libertà senza trovare la faccia che vale una copertina. Sembra un controsenso, dopo venti giorni di racconti, pianti e sorrisi, ma il mondo dello sport cerca leader. Un fenomeno ha scelto il riposo (Phelps), l'altro non durerà molto. Ed allora che dire? Chi ricordare? I tre supermen del Dream Team (Kobe Bryant, Lebron James e Kevin Durant), Mo Farah, l'inglese somalo che ha doppiato 5000 e 10mila metri, David Rudisha il treno degli 800 metri, Missy Franklin l'americana plurimedagliata in piscina e con lei Ye Shiwen, la cinesina nata nel 1996, che in piscina va più forte degli uomini ed ha sollevato tanti dubbi. Nel nuoto sono 6 su 13 le medagliate individuali al di sotto dei 17 anni: una tradizione che non si perde mai.
Proprio il nuoto è messaggero della universalizzazione. Se prima contavano cinque Paesi (Usa, Australia, Giappone, Russia e Germania), ora vediamo la carica di Corea del Sud e Sudafrica, l'avanzata cinese e una medaglia d'oro anche alla Lituania. L'Australia è entrata nel vortice nero della depressione non avendo vinto alcun oro individuale, non capitava dal 1976, e la Gran Bretagna ha stanziato 30 milioni di euro ma ha raccolto meno di quanto sperava.
Il mondo gira ed allora può capitare di vedere i keniani perdere qualche gara di corsa, ma di ritrovarli in piscina e al remo, di vederne uno fra i 12 finalisti del giavellotto che poi capovolgerà l'universo vedendo vestendo d'oro un ragazzo di Trinidad & Tobago. Dai Caraibi con furore. Grenada, isola di poco più di centomila abitanti, diventa il primo paese nel rapporto medaglie d'oro-popolazione. D'accordo, ne ha vinta una sola ma pesantissima (Kirani James nei 400 m.). Gli altri stanno dietro: Bahamas che batte gli Stati Uniti nella staffetta dei 400 metri, la Giamaica così piccola ma con un esercito di velocisti che possono sbaragliare il mondo. Conta la scuola tecnica e il dna, vale il talento ma anche la scelta degli istruttori. Molti ragazzi delle zone caraibiche vanno a perfezionarsi negli Stati Uniti, i cinesi sono venuti in Italia per imparare a marciare.
L'atletica è sport a democrazia garantita, salvo problemi di doping. La bielorussa Ostapchuck è stata appena pescata ed ha perso un oro nel getto del peso: così diventa prima una neozelandese, terza una cinese. Una volta eravamo abituati al dominio dell'est europeo. Per capire quanto sia crudele l'atletica, occhio a questo dato: solo sette campioni olimpici (fra individuali e staffetta) hanno conservato il loro dominio.
Ma così va lo sport, eterno divenire, mondi che scoprono il filone vincente: oggi facciamo i conti con un venezuelano che vince nella spada, un egiziano che fa secco il nostro miglior fiorettista (Cassarà) e arriva all'argento, con una ragazza malese nei tuffi dove i cinesi anche stavolta hanno masticato amaro dopo aver fallito l'en plein di titoli, due turche dominano i 1500 metri dell'atletica, un ragazzo del Qatar è bronzo nel salto in alto. Come dire: il mondo è tutto in salita, o in discesa. Dipende da come lo si guarda.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.