Disse, Gianni Agnelli, in giorni caldissimi: «Una volta scendevano in piazza per protestare contro la Fiat, oggi perché Baggio non vada alla Juventus. Direi che il Paese è migliorato». Non so se il Paese sia oggi peggiorato ma Diego Della Valle ha voluto smentire l'Avvocato, ovviamente in assenza del medesimo. Oltre a protestare contro la Juventus va anche alla guerra contro la Fiat. E questo ai tifosi viola garba moltissimo. Perché la storia dell'odio ai gobbi di Torino risale a quegli anni lì, siamo nel Novanta e la famiglia Pontello si ritrovò assediata. Il conte Flavio telefonò all'amico Indro, Montanelli dico, per capire e sapere che fare, Firenze era a ferro e fuoco, piazza Savonarola, piazza Donatello, via degli Artisti, via Pier Capponi, sembrava la guerra vera, con tremila tifosi per le strade e la gente alle finestre a scaricare rabbia e vasi e acqua sulla polizia perché Baggino non doveva andarsene da Firenze.
Ventiquattro anni dopo, l'aria sa ancora di polvere e di veleno, i Della Valle non scendono a patti con gli eredi di Agnelli, anzi li deridono, li mostrano al popolo come incapaci se non im-becilli, dotati di baculum il bastone al quale reggersi per ritrovare l'equilibrio. L'Agnelli capo, nel senso di Elkann, replica sminuendo l'azienda di Casette d'Ete e il fatturato relativo, il cortile riporta gli schiamazzi dei condòmini altolocati.
Fiorentina e Juventus finiscono per essere argomenti a margine ma depositi di materiale esplosivo. Non so in quale Cerchio, e in quale Bolgia, Dante avrebbe incontrato i personaggi di questa commedia niente affatto divina, forse tra gli ipocriti o gli iracondi, gli accidiosi o i seminatori di discordia, comunque all'Inferno.
I tifosi, quelli della Juventus e quelli della Fiorentina, ci sguazzano e ne approfittano, hanno trovato gli sponsor illustri per le loro azioni, di qualunque tipo esse siano. La rivalità non si limita alle provocazioni verbali, agli sfottò tipici del repertorio calcistico, c'è altro, c'è roba pesante, ci sono interessi imprenditoriali, editoriali, c'è una sfida di azioni, non quelle disegnate da Conte e Montella, ma titoli di Borsa, potere vero che trova un'eco fortissima proprio nel football, mettendo a confronto due realtà societarie diverse e lontane ma due identità tecniche assai vicine. Da Baggio a Berbatov la battaglia ha cambiato attori ma lo scenario è rimasto uguale, anzi si è invelenito, non per le intemperanze dei tifosi, come negli anni Novanta, ma per le infantili isterie dei padroni.
Prevedo un clima maledetto allo stadio della Juventus e al Franchi, tre partite riavvicinate, tra tornei italiani ed europei, sono troppe soprattutto perché si affrontano non due squadre ma due fazioni non soltanto opposte ma in odio aperto, dichiarato, promesso. La presunzione toscomarchigiana e l'arroganza piemontese, eccitate da altre vicende nuove, sono ingredienti non richiesti ma presenti.
Di colpo le antiche amicizie vengono dimenticate e cacciate via, sembra una questione di onore da giocarsi oggi con un pallone poi con il pallottoliere, quello appunto dei titoli azionari. Non è roba di poco conto, è il motivo centrale che oltrepassa Gomez e Cuadrado, Tevez e Pirlo, Conte e Montella. Loro sanno benissimo di affrontarsi a viso aperto in campo, lo scontro fisico e agonistico potrà dire la verità, arbitri permettendo. Ma sulle loro teste si svolge un'altra partita. John Elkann e Diego Della Valle la giocano a carte coperte.
Per il momento Agnelli e Della Valle junior, uniti soltanto all'anagrafe per il nome di battesimo, vanno al campo per capire chi sia il più forte. Juventus-Fiorentina questo dovrebbe soltanto essere, questo dovrebbe soltanto significare. Ma temo che, stavolta, a essere romantici si finisca per essere pirla. O grulli.
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