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Ibra ai lavori "forzati". Il Milan dei precari vuole che ridomi il Toro

Terza sfida in 9 giorni. L'ex Gandini: "Non c'è grande squadra senza un club credibile dietro"

Ibra ai lavori "forzati". Il Milan dei precari vuole che ridomi il Toro

È il trionfo del precariato. A cominciare da Stefano Pioli, nel Milan di questi giorni, a caccia di un successo contro il Toro domato già in coppa Italia che gli consenta di raggiungere il Verona non la testa della classifica, c'è un clima di destini sospesi. Per fortuna del club, l'allenatore che è un signore dagli umori stabili, almeno in pubblico non se ne lamenta come invece farebbero altri colleghi permalosi e suscettibili. «Non sono preoccupato del mio futuro» continua a ripetere il tecnico dinanzi ai quesiti sulle voci di un concorrente in arrivo dalla Germania (Rangnick, ndr) stroncate però dalla bocciatura solenne di Paolo Maldini. «Ho sempre sentito la fiducia della società» la frase di Pioli, accomodante da un lato, necessaria dall'altra per ringraziare appunto la coppia dei dirigenti messi anche loro in discussione da Elliott, per il sostegno ricevuto. Ma l'azionista, che se ne sta serenamente a Londra e si lascia rappresentare da Gazidis il quale continua a reclutare manager per le divisioni del club pagati come centrocampisti, non se la passa molto meglio. All'ordine del giorno c'è infatti da registrare una bella scudisciata di Umberto Gandini, per moltissimi anni manager di punta del Milan di Berlusconi e Galliani, poi presenza autorevole nell'Eca che vuol dire Uefa, quindi ad della Roma e adesso candidato a presiedere la lega di basket. «Non si può costruire una grande squadra senza una grande società alle spalle che vuol dire cultura, credibilità e competenza» tutte qualità che sembrano mancare all'attuale ad sud-africano, sempre in silenzio, spesso a Londra e perciò poco presente a casa Milan secondo alcuni report.

Ecco, allora il punto. Bisogna che il Milan si alleni al precariato nella speranza che la squadra, rimessa sui binari giusti tra derby perso male e Juve pareggiata immeritamente, confermi le buone impressioni suscitate di recente. Per farlo ha naturalmente bisogno ancora una volta di Ibra, chiamato in nove giorni alla terza consecutiva, che per uno di 38 anni, non è proprio ordinaria amministrazione. «Quando arrivò, Ibra mi disse: fidati. E l'ho fatto cambiando per lui sistema di gioco» è il riconoscimento che Pioli rende al suo gigante svedese, il sostegno di questo 2020 rossonero che sembra accreditare l'immagine di un altro Milan, meno impaurito, più deciso in zona gol (a testimonianza del numero di gol segnati) ma nonostante tutto precario, specie per quel che riguarda il futuro immediato. Su un argomento, Pioli è liquidatorio: sul Var concesso alle squadre.

«Meglio di no» è il suo parere.

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