In principio fu Icardi. I cui malumori nei confronti del mondo (dorato) in cui vive non sono mai stati nemmeno celati: la telenovela che lo riguarda andrà avanti ancora chissà per quanto e nessuno se ne meraviglierà. Oltre a Maurito, però, la primavera ormai alle porte sembra pronta a recapitare altri mal di pancia. Figurati, logicamente. Ma numerosi. E per certi versi inaspettati. Il fatto è che ormai si va ai mille all'ora, sempre e comunque. Di corsa, perennemente: verso un rinnovo di contratto, un aumento di stipendio, una proposta da ascoltare a prescindere infischiandosene magari del momento e pure di una certa riconoscenza che ogni tanto bisognerebbe avere nei confronti della realtà in cui si è cresciuti o ci si è affermati. Va così, inutile sorprendersi: tutti dentro il frullatore, un po' qua e un po' là.
E allora il povero' Icardi non è da solo, certo che no. Pure il cugino' rossonero Cutrone ventuno anni appena compiuti ha cominciato a lanciare segnali di insofferenza. Per bocca del proprio procuratore, ci mancherebbe altro: «Resterà? Vedremo», ha detto Donato Orgnoni a Radio Marte mettendo sull'allarme i tifosi rossoneri, evidentemente illusi dal fatto che il ragazzo di Como risulti sotto contratto fino al 2023. Essendo appena cominciato il 2019, c'è di che strabuzzare gli occhi: la concorrenza di Piatek però evidentemente spaventa e allor tanto vale fare capire subito che nulla potrà essere dato per scontato pur in presenza di un accordo che scadrà tra un poker di stagioni. Sul chi va là, scendendo di latitudine fin dalle parti del Vesuvio, c'è anche Dries Mertens: il Ciro' imprendibile e insostituibile dello scorso campionato non c'è più, Ancelotti ne ha fatto a meno più volte senza destare scalpore e De Laurentiis non ha fino a questo momento fatto capire di avere fretta nell'affrontare il tema rinnovo del contratto' in scadenza nel 2020. Sullo sfondo, la Cina e una clausola rescissoria di (soli) 28 milioni che potrebbe essere facilmente pagata non solo dalle cosiddette big. A proposito di 2020, è anche la data in cui al momento terminerà l'accordo che lega Edin Dzeko alla Roma: il bosniaco, tornato di recente protagonista a suon di gol, aveva rifiutato lo scorso anno il trasferimento in Premier League ma a questo punto della stagione si sarebbe aspettato una chiamata da parte di Pallotta o di Monchi. Invece, nulla. Con lo stesso Monchi che a dire il vero non pare insensibile alla possibilità di tornare al Siviglia (ma pure l'Arsenal è alla finestra) magari nelle vesti di presidente, con tanti saluti al progetto che lo vedrebbe in giallorosso fino al 2021.
Con la stagione che è appena entrata nella fase più calda, tanti primattori pensano insomma già a quel che sarà. E non è immune dal tutto nemmeno la Juventus, che potrebbe anzi essere costretta a pensare al dopo Allegri', teoricamente suo fino a giugno 2020 ma il cui futuro potrebbe prendere una strada diversa specie se il 12 marzo giorno in cui si giocherà il ritorno degli ottavi di Champions contro l'Atletico Madrid dovesse materializzarsi l'addio al sogno europeo. Due giorni fa il suo maestro Giovanni Galeone si è detto convinto che il tecnico livornese cambierà aria in estate, probabilmente con destinazione Premier: che lo scenario sia al momento vero o verosimile poco cambia.
Perché la sostanza è che lo stesso Allegri ha manifestato di recente una certa insofferenza di fronte all'obbligo di vincere la Champions: «Non è che se compri Ronaldo, la vinci per forza. Finora alla Juve mi sono divertito. Quando non lo farò più, sarà ora di smettere». Appunto.
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