nostro inviato a Rio de Janeiro
La centoventicinquesima medaglia olimpica della scherma italiana è d'argento e ha un sapore dolce, perché quella della spada maschile è un'impresa. Contro la favoritissima Francia, finisce 45-31, ma è festa grande comunque per Pizzo, Garozzo e Fichera, con Santarelli partito come riserva e poi buttato in pedana per dare un'inutile scossa. L'argento d'Italia - e della nostra spada - luccica. Perché Paolo Pizzo era partito per Rio col chiodo fisso della medaglia sfuggita a Londra quattro anni fa, Enrico Garozzo come il fratello maggiore di Daniele, Marco Fichera con l'emozione della prima volta. Storie diverse ma di una squadra vera, che ha vinto dominando la semifinale contro i campioni mondiali dell'Ucraina. E che volete che sia: Pizzo ad esempio è uno che ha conquistato un titolo mondiale individuale in carriera, ma soprattutto ha sconfitto un tumore alla testa, diagnosticatogli quando aveva 13 anni. «Parlarne mi fa ancora un po' male, mette però tutto nella giusta dimensione. È una sorta di psicanalisi». Ed è uno, anche, che tutti gli ispettori antidoping vorrebbero come amico, «perché quando si presentano alla porta alle 6 del mattino, si sorprendono che io non protesti come fanno tutti. Ma io sono per lo sport pulito»,
E allora: 45-33 agli Ucraini in semifinale, dopo aver stracciato anche la Svizzera nei quarti.
E poi la Francia appunto, sfida difficile da subito: Jerent, Borel e Lucenay avevano la clacque delle grandi occasioni e il vantaggio iniziale diventa inesorabile, in un amen il match fugge via. Non è una sconfitta però, perché alla fine il podio rende meno amara la spedizione a Rio della nostra scherma. Che ha vinto un oro e tre argenti, ma ha ha anche perso qualcosa di troppo. La sicurezza.
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