Si gioca oggi pomeriggio, in orario improbabile, l'altro derby di Torino. Tale è la partita tra Juventus e Napoli che raggrumano nella stessa città una moltitudine quasi uguale di tifosi, tra indigeni e immigrati. Tanto che, a differenza delle altre città del Nord Italia dove i meridionali vengono comunemente battezzati come "terroni", nella città del gianduiotto l'appellativo è "napuli", basta così, una città vale per tutti, un timbro per significare e individuare quelli che vengono dal sud. Il calcio poi rappresenta l'occasione del riscatto, una volta a campionato si può e si deve, i napuli di Torino una volta si ritrovavano al Comunale, già Benito Mussolini e oggi Olimpico, per esaltare il Ciuccio, oggi devono fare i conti con lo "stadium" che non concede euforie di numeri agli ospiti. La partita, comunque, viene definita con il superlativo, secondo usi nostrani trasformando anche un sostantivo "partita" in partitissima, finale in finalissima, campione in campionissimo.
Già in passato Juve-Napoli e Napoli-Juve hanno rappresentato il culmine emotivo di due città e popoli pallonari lontani e vicini. Si potrebbe dire di Sivori che, insieme con Josè Altafini, traslocò dal bianconero in azzurro, eccitando i pizzaioli napoletani che si inventarono la pizza con la mozzarella che tracimava da ogni dove, scolando dai bordi e giù calando come i calzettoni sulle caviglie di Enrique Omar. Si potrebbe aggiungere Dino Zoff, un furlan che a Napoli stava da gran signore e a Torino pure. O ancora Ciro Ferrara e Fabio Cannavaro, napoletanissimi ma, per certi versi, bianconeri di fede. Senza tralasciare, nell'album antico, Flavio Emoli e Fonseca, Mauro e Di Canio, Pecchia e Morgan De Sanctis, sì proprio lui: arrivò a vent'anni, sulla base di un miliardo e mezzo di lire, dal Pescara alla Juventus dove si limitò a presenze 3 in campionato e 1 in coppa Italia.
Queste sono figurine, il gusto lungo di Juve-Napoli passa dagli sfottò, dagli insulti razzisti che, mi auguro, vengano individuati e immediatamente eliminati, oggi, da striscioni e bocche allo Stadium torinese, passa dai gesti e gesta di Maradona e Platini, roba dell'altro ieri ma è davvero un altro secolo e un altro football, adesso si ritrova nell'intesa cordiale e ideologica dei due sindaci, Fassino e De Magistris, i quali parlano la stessa lingua politica ma sono fieri tifosi rivali. Tra Agnelli e De Laurentiis nessuna relazione nemmeno di imprenditoria, sono davvero distanti e divisi, da Pechino in qua. Ma insieme hanno ricostruito squadre e ambienti alla deriva, ripartendo dalle retrocessioni, rifacendo la forma e la sostanza, restituendo alle due città una dignità calcistica che si era perduta tra scandali e fallimenti finanziari.
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