Il Prescelto, al secolo LeBron James, ha fatto quel che doveva. Senza riguardo. Senza cedere a sentimentalismi. Ha trascinato i Miami Heat al loro secondo titolo Nba consecutivo, il terzo della loro storia: ai San Antonio Spurs va l'onore delle armi, al termine di una serie pazzesca e quasi selvaggia. L'ultimo match, quello che ha permesso alla franchigia della Florida di chiudere i conti 4-3 (95-88 il punteggio finale), è stato uno show unico di LBJ: 37 punti (5/10 da tre), 12 rimbalzi, 4 assist e un senso di onnipotenza che ha annichilito la resistenza dei texani. Stravolti dall'avere buttato via un'incredibile gara-6 finita nella leggenda - con Miami capace di recuperare 5 punti di ritardo negli ultimi 28 - gli uomini di Popovich hanno dato tutto e qualcosa di più. Avrebbero voluto fare un regalo grande così a Tim Duncan, 37enne totem della palla a spicchi che inseguiva il quinto trionfo: sono arrivati a un soffio dal farlo, ma la vigoria di LeBron se ne è infischiata del lieto fine che tanti appassionati avrebbero voluto. «Non potrei amare di più questi ragazzi», ha commentato alla fine Popovich. «Nel finale ho sbagliato un canestro che mi porterò dietro per sempre - ha ammesso Duncan -. Ritirarmi? Non credo». «La delusione più grande della mia carriera», ha chiosato Tony Parker, play francese e guardiaspalla di Duncan. «Non riesco a pensare alla prossima stagione», è invece la resa di Manu Ginobili, giunto forse al lumicino di una carriera cominciata in Italia.
Gode Miami, quindi.
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