Coronavirus

L'ex big, l'agente e il direttore sportivo: "Ecco come sarà il calcio del futuro"

Ferrara, D'Amico e Marino leggono la sfera: "Costi, fisco e scambi"

L'ex big, l'agente e il direttore sportivo: "Ecco come sarà il calcio del futuro"

Provare a indovinare il calcio di domani con gli occhi impauriti di questi giorni è operazione meno complicata se in soccorso arrivano esponenti decisi a esorcizzare il panico e la depressione scandita dai numeri della pandemia che, racconta Ciro Ferrara, «ha colto tutti in contropiede, anche noi italiani che dovremmo essere maestri della tattica» spiega da Torino con, nella voce, l'ansia per la famiglia sparpagliata tra Torino, Italia e Usa. «Abbiamo sottovalutato la portata del fenomeno diventato, ora, una tragedia e dovremo abituarci all'idea che cambierà non solo il calcio ma anche lo stile di vita dei popoli. Toccherà ai responsabili del sistema recuperare l'equilibrio nei costi perché il calcio non può rappresentare l'isola che non c'è, anche se genera spettacolo e introiti. Dinanzi alla contrazione dei fatturati, anche i contratti dovranno essere ridimensionati» è la sua previsione suffragata dalla convinzione, «sarà una mazzata per tutti».

Per tutti, calciatori compresi. Nonostante le resistenze fin qui mitigate dagli accordi isolati della Juve in serie A e dal Monza di Berlusconi e Galliani in Lega pro (stipendio di marzo ridotto del 50%). Ne è rappresentazione la visione di Andrea D'Amico, agente, che vede già il prossimo calcio-mercato spostato nei mesi invernali («da ottobre a gennaio») segnato da cifre al ribasso con i relativi guadagni. L'altro scenario è quello del taglio degli stipendi. «Siamo di fronte a una calamità e dinanzi alle calamità devono intervenire gli stati, l'Europa, Uefa e Fifa per risollevare il calcio. Su questo punto basterebbe prospettare un anno bianco dal punto di vista fiscale per far risparmiare alle società il 50% delle tasse da versare» è l'idea che non tiene conto di altri dettagli operativi. «Come ci si comporterà sui trasferimenti già sottoscritti, ad esempio Amrabat del Verona ceduto alla Fiorentina per la cifra di 20 milioni? Ecco: intravedo un possibile scenario colmo di rischi di ricorsi e cause» la chiusura di D'Amico. Che è molto diversa da chi, come Pierpaolo Marino, dg dell'Udinese, ha davanti altre responsabilità. «Negli ultimi anni è stato raggiunto un livello tale nelle quotazioni di cartellini e stipendi ai calciatori, diventato insostenibile per il calcio di domani» il punto di partenza. Da cui discenderà un effetto domino. «Cambieranno le modalità del calcio-mercato: non più cessioni ma operazioni sulla base di scambi per non far sprofondare i bilanci e ricorso ai prestiti. Noi operatori dovremo farci aiutare dalla fantasia e da meccanismi d'ingegneria calcistica» è l'idea di Marino. Che ha ricordi nitidi sulla realtà di un tempo: «Negli anni ottanta, ad Avellino avevamo Juary il più pagato con 70-80 milioni, Vignola con 35 milioni e Tacconi con 27-28 milioni: vivevano benissimo».

Alla fine il cauto ottimismo di Kalle Rummenigge, plenipotenziario del Bayern Monaco, può far meditare. «Il coronavirus può aiutarci a creare un mondo più razionale e un calcio più sano se tutti saranno aperti a correggere la propria filosofia» è la sua previsione.

Persino le tv cambieranno strategia: la Premier permetterà la trasmissione delle partite del pomeriggio per la prima volta.

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