Bologna - Roberto Mancini è di Jesi, ma calcisticamente il ct è nato proprio a Bologna, la città dove stasera affronterà la sua prima partita «vera» sulla panchina della Nazionale. E anche questa volta sarà come la prima, come quel 13 settembre del 1981 in cui, non ancora diciassettenne, debuttò in Serie A: al 73' di Bologna-Cagliari Tarcisio Burgnich lo mandò in campo al posto di Giuliano Fiorini, che a sua volta aveva esordito solo 17enne e avrebbe poi preceduto il Mancio come idolo laziale.
Per il Mancio era il primo ingresso in campo, ma in panchina era già andato l'anno prima, sotto Gigi Radice, che lo aveva convocato non riuscendo a rintracciare a scuola quel Marco Macina da San Marino che a Mancini era ritenuto addirittura superiore, ma che non riuscì poi a raggiungere analoghi traguardi anche a causa di un grave infortunio. E' normale però che Macina venga interpellato ogni volta che il Mancio torna a Bologna, così come è normale ricostruire i rimpianti: nonostante le sue nove reti, infatti, il Bologna retrocedette e fu necessario rifondare tutto.
Andò via anche il direttore sportivo Paolo Borea, delegittimato dalla campagna locale per il ritorno di Radice col quale non aveva un buon rapporto, e fu proprio la sua nuova squadra, la Sampdoria, a strappare per sempre Mancini al Bologna, senza che peraltro i quattro miliardi (oggi equiparabili ad almeno 25 milioni, per un 17enne) venissero messi a frutto, perché i rossoblù caddero subito in Serie C1.E allora Mancio quando torna ritrova l'amico con cui gioca a padel e il ristorante dove si ferma sempre: un bolognese a vita anche se lo è stato solo per quattro anni, da bambino o poco più.
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