Mario è precipitato in una crisi indecifrabile Rossi scorda tutti i guai ed è il bomber della A

Due grandi amici fuori dal campo, completamente diversi per carattere, ma anche come piedi e testa. Insomma lo Yin e lo Yang del calcio azzurro, tanto per rifarsi alla filosofia cinese. Oggi, quando Mario Balotelli e Giuseppe Rossi varcheranno i cancelli di Coverciano insieme agli altri 26 azzurri convocati da Prandelli, partirà il conto alla rovescia per il mondiale brasiliano, al via fra otto mesi esatti. Nella testa del ct, sono loro la coppia d'attacco titolare per l'appuntamento iridato. Non a caso una coppia-simbolo dei tempi che cambiano. Il primo, nato a Palermo da genitori africani, adottato a tre anni da una famiglia di Brescia; il secondo nato e cresciuto culturalmente negli Usa da famiglia italica, tornato nel Bel Paese a 12 anni ed emigrato a Manchester per imparare calcio.
Un anno fa, SuperMario e Pepito vivevano sensazioni differenti. Uno aveva tutto, dall'esuberanza allo strapotere fisico e tecnico, giocava in Champions con il Manchester City. L'altro non sapeva ancora se quel ginocchio più volte infortunato gli avrebbe permesso di continuare a giocare dopo 19 mesi di calvario. In un anno il loro mondo si è capovolto: le certezze di Balotelli sono diventate insicurezze, paure, addirittura debolezze tanto che sta vivendo il periodo più difficile; le speranze di Rossi si sono trasformate in forza, fiducia e rabbia positiva.
Il milanista sta vivendo il periodo più difficile da quando, lo scorso gennaio, è tornato in Italia. Due gol in Champions (di cui uno nei preliminari), tre in campionato e due in Nazionale (con Repubblica Ceca e Armenia). Numeri per nulla negativi ma da quell'espulsione a fine match contro il Napoli, partita nella quale ha anche visto interrompersi la sua serie d'oro dal dischetto, tutto è cambiato. Tre turni di stop (diventati quattro con la sesta ammonizione rimediata proprio contro i viola di Rossi), il problema muscolare che lo ha perseguitato anche in Nazionale, dove Mario (fuori dal campo) ha dato il peggio di sè.

I tweet isterici e quelle prestazioni opache con Barcellona e Parma, coincise con la «normalizzazione» voluta da Galliani e Raiola, iniziata con il taglio della celebre cresta.
Periodo magico invece per la punta della Fiorentina che, messosi definitivamente alle spalle gli infortuni, è tornato a sorridere e a segnare gol a raffica (11 in dodici gare

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