Marotta: «Il rinnovo di Conte? Dopo le vittorie»

Torino. Ci risiamo. Come l'anno scorso più o meno di questi tempi. Quando, pur con una situazione contrattuale non in scadenza, né Antonio Conte né la Juventus si sbilanciano al punto da dire “sì, lavoreremo ancora insieme l'anno che verrà”. Le scenetta allora rimane sempre la stessa: Conte spiega che «il mio futuro è irrilevante», Marotta abbozza e qualche giorno dopo puntualizza. E' successo una dozzina di mesi fa, sta accadendo anche adesso. «Conte rimarrà al cento per cento? Noi siamo onorati di averlo con noi - ha detto ieri l'ad bianconero -. La società è molto soddisfatta: lui è il leader del nostro gruppo. Tuttavia, abbiamo deciso di comune accordo che parleremo di futuro soltanto dopo aver ottenuto qualcosa di grandissimo, ovvero lo scudetto e possibilmente l'Europa League».
Il mantra è quindi «prima gli obiettivi». Dopo di che si vedrà. Con il quasi immancabile e certo intervento del presidente Andrea Agnelli, il quale anche l'anno scorso spiegò di essersi incontrato con l'allenatore leccese rassicurandolo e dandogli fiducia circa la «continua fame» che la Juve avrebbe comunque mantenuto pur dopo due scudetti di fila. Adesso che i tricolori consecutivi stanno per diventare tre, rieccoci con una sceneggiatura simile: lo scorso anno il tutto ebbe fine il 16 maggio, dopo tre ore di incontro nella sede di corso Galileo Ferraris al cui termine Agnelli, Conte e Marotta dichiararono di avere «programmato il 2013-14. Andiamo avanti, per continuare a costruire». E' del tutto evidente che lo stesso epilogo si potrà vivere anche di qui a qualche settimana, ma a oggi una (sia pur minima) percentuale di incertezza rimane: per la cronaca il legame tra le parti scadrebbe nel 2015, anche se Agnelli e Marotta hanno già spiegato di non aspettarsi problemi per il prolungamento dello stesso.
Del resto l'importanza di Conte nel tessuto bianconero è chiara come il sole ed è stata confermata anche da un'intervista rilasciata ieri da Buffon a Sky: «Dopo i due settimi posti si era un po' incrinato il rapporto con la società. Il tarlo del dubbio si era insinuato nella testa dei tifosi su come avrei potuto riprendere dopo l'infortunio. A un certo punto si sono però verificate una serie di situazioni, tra cui l'arrivo di Conte e il riavvicinamento con il presidente: questo ha fatto sì che mi sentissi di nuovo pieno di energia per tentare l'impresa di vincere il campionato. Come faccio ad essere pentito di non essere andato alla Roma se adesso penso che rischiamo di diventare campioni per il terzo anno di fila? È chiaro che mai scelta è stata più azzeccata. Il destino di ognuno di noi è segnato, o perlomeno c'è una strada: sta a te decidere se continuare a percorrerla. I problemi cominciano nel momento in cui fai una scelta fallimentare: la mia decisione di rimanere alla Juve non può lasciare spazio ad alcun tipo di rimpianto».


Potrebbe anche suonare come un suggerimento a Pogba, la cui cessione peraltro non scandalizzerebbe SuperGigi («in un momento economico così delicato, ci sta che uno possa fare tante riflessioni»), anche se Marotta ha subito ribadito che «Buffon ha fatto un ragionamento da imprenditore, ma la Juventus è una società che compra e che non vende i propri pezzi migliori».

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