Marquez, pugni a tutti Nessuno sa metterlo ko

Italia, andata e ritorno. Negli anni Novanta eravamo partiti come migranti dai successi a raffica nelle classi minori per approdare vincenti e stabilmente nella classe regina, e ora, quindici stagioni dopo, ora eccoci a fare il percorso a ritroso. Italmoto, andata e ritorno. Facciamocene una ragione, sta succedendo. Il Mugello, il circuito più bello, la pista più nostra fa da cartina tornasole, da spartiacque fra quel che pensavamo prima, forse cullandoci nei sogni, e quel che dobbiamo e dovremo pensare d'ora in poi. Colpa e merito di Vale splendido terzo «e senza l'errore di sabato avrei dato fastidio a quei due... sono di nuovo su questo podio dopo 5 anni, una vita». Colpa perché non ce lo doveva fare di invecchiare, come si è permesso di compiere persino 35 anni? E merito perché dal 1999 in poi ci ha stabilmente issati sui podi alti della classe regina. Colpa e merito suo che adesso insiste nel farlo, emozionandoci come nella perfetta rimonta di ieri da decimo a terzo dopo l'imperfetto sabato di qualifica, ma nel farlo sa e sappiamo che tutto deve funzionare alla perfezione altrimenti contro Marquez, contro un Lorenzo in forma, sono e saranno sempre faticacce.
Colpa e merito suo se, adesso, quest'Italia del motomondo fa andata e ritorno e deve necessariamente tornare a farsi cullare, proprio come a metà anni Novanta, dai successi che arrivavano dalle classi minori. Per esempio ieri. Tutti giustamente a spellarci le mani per il trionfo al fotofinish di Romano Fenati in Moto3, classe d'entrata come lo era la 125, team VR 46, quello del Vale proprietario, successo numero 3 dell'anno per il giovane talento, ora secondo in classifica. Felici come lo eravamo un tempo per i Capirossi, i Biaggi, i Rossi che nascevano ed emergevano e vincevano in 125 e 250 mentre dei Rainey, degli Schwantz, dei Doohan nella 500 quasi ci disinteressavamo perché lì non c'era possibilità di toccar palla.
Ora americani e australiani sono stati sostituiti dagli spagnoli. Ora la MotoGp è terreno soprattutto loro. Valentino ci mette becco, Valentino combatte contro l'età e i 300 Gp corsi e diciotto anni vissuti a 300 all'ora, intanto però quel pilota tutto talento e coraggio di nome Marquez infila la sesta vittoria di fila dopo la sesta pole consecutiva ed eguaglia ancora Agostini recordman in materia, anno 1971, e col sorriso dei bambini secchioni e furbi dice «però è stata la più difficile della stagione...». Perché è giusto che dica così, perché è giusto che si diverta anche lui. Jorge Lorenzo ha venduto carissima la pelle, regalandoci un duello carena contro carena per cinque giri infiniti e comunque si è arreso, «posso far meglio» dirà, «però alla fine ero stanco...». Ma è quel che non ha detto a spaventare. Perché nel silenzio dei pensieri di questi campioni cresce lo spettro della grande beffa: un mondiale di Gp tutti vinti da un solo pilota. Se su una pista dove la Honda paga un piccolo dazio prestazionale, su un circuito dove la Yamaha gode storicamente di piccoli vantaggi telaistici, su un tracciato dove Lorenzo aveva vinto le ultime tre di fila nessuno riesce a tener dietro fino all'ultimo Marc, significa che altrove torneranno ad esser gare senza storia.
Italia, andata e ritorno. Prendiamone atto.

Facciamo dunque festa a Fenati e ringraziamo Rossi per il secondo podio di fila, per la seconda piazza nella classifica generale dove spopola irraggiungibile Marquez a punteggio pieno, 150 punti e 150 pugni al mondo. Ringraziamo Vale Rossi per come si danna l'anima per farsi e farci felici, senza però dimenticare che in fondo è tutta colpa sua se oggi si soffre così. Ci aveva abituati troppo bene.

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