Prima di stropicciarsi gli occhi, meglio dare i numeri. Fanno diciassette mondiali sul podio: i quattro di Marquez vincitore, i nove di Rossi secondo e, ancora, i quattro di Lorenzo medaglia di bronzo. Altri numeri. Fanno due-cen-to-sei vittorie assiepate e strette strette sul podio. E' uno show di uomini record quello andato in scena a Sepang, Malesia torrida e umida e per una volta senza acquazzoni a castrare spettacolo e ambizioni. Uno show dei record che ci ha finalmente permesso di scrutare, analizzare, valutare a lungo i tre più forti mentre lottavano, sportellavano, rischiavano e soprattutto si studiavano per capire le reciproche ambizioni. Anche in questo, alla fine, un solo vincitore: Marquez. Perché «è stato più bravo» dirà Vale. E perché a 21 anni ha davanti solo autostrade aperte. Dopo tensioni e pressioni e disattenzioni pre conquista del titolo, dopo stupidate da eccesso di euforia, Marc è tornato a fare il Marquez. A dieci giri dal termine quando ha sfruttato un errore in staccata di Rossi primo; e a tre giri dalla fine quando ha allungato sull'italiano. Punto. Era dal 31 agosto, a Silverstone, che non gli capitava. Erano quattro gare che la Yamaha, con Rossi e Lorenzo, due centri a testa, aveva preso a fare il bello e cattivo tempo. Fatto sta, incassata la sportellata al via di Lorenzo, prima curva, Marc si è rimboccato le maniche e da sesto che era sprofondato è andato a vincere la corsa numero dodici della stagione. Che giusto per restare in tema è pure record. Solo Mick Doohan, nel 1997, era riuscito nell'impresa. Ma erano anni diversi e, soprattutto, un paio di stagioni dopo, a causa del devastante botto di Jerez, il grande australiano si sarebbe ritirato a 34 anni. Marc invece è solo all'inizio e infatti promette: «Ora a Valencia voglio battere Mick».
Anche di questo deve tener conto un grande Valentino che, ormai è chiaro, nel crescendo di questo finale di stagione sta ponendo le basi per tentare l'assalto, l'anno prossimo, al titolo mondiale. Manda infatti messaggi il Vale. Ai tifosi. Alla critica. «Quest'anno è stato bello dimostrare che non ero un pilota finito e che ogni domenica sono in grado di lottare con Marc e Jorge. È la mia rivincita... dicono che sono i due migliori del mondo? A questo punto, forse, ci sono anche io con loro...». E aggiunge: «Non manca molto per poter battere Marc... Bisogna lavorare sulla moto, perché a gomme finite, si è visto qui, la Honda è migliore». Soprattutto, Vale, manda messaggi alla Yamaha, cerca di stringerla a sé in vista di future imprese: «Ho allungato ancora in classifica su Lorenzo (più 12), ma chiudere davanti o dietro di lui non cambierà l'approccio del team l'anno prossimo. Nel 2010 me ne andai via perché Jorge veniva trattato come me. Fui io a sbagliare. La Yamaha non fa mai preferenze». Sa di manifesto elettorale, sa di pianificazione, occhio l'anno prossimo.
Questo il futuro. Il presente dice che ieri non ci sono state scivolate suicide a togliere di mezzo uno dei tre big, rovinando spettacolo e duelli. Non abbiamo visto un Marquez che per strafare è andato per margherite. Non abbiamo avuto un Lorenzo in giornata no. E neppure pioggia o pista umida a scombinare pensieri e strategie; neanche gomme con le mescole asimmetriche come in Australia a confondere i piloti. Zero variabili esterne. Ieri abbiamo avuto tutti la fortuna grande di studiare i tre uomini dei record come fossero nudi davanti a noi, vestiti solo del loro talento. Unico sconfitto Lorenzo.
Perché ha vinto Marc, il più forte. Ma ha vinto anche Vale. E sono le parole di Marquez a confermarlo: «Qui è stata davvero tanto dura fisicamente...». Trentotto gradi nell'aria, 50 in pista. Marc 21 anni. Vale quasi 36. Parliamone.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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