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Messi & C. i brindisi mondiali all'ultima occasione vincente

Leo vuole giocare da campione del mondo con l'albiceleste. Quando il tifo sceglie la realizzazione dei sogni e il lieto fine

Messi & C. i brindisi mondiali all'ultima occasione vincente

Brindiamo ai sognatori, poeti, artisti, campioni dello sport, per quanto folli possano sembrare. Soprattutto se il tempo dice che potrebbe essere la loro ultima recita nell'arena.

Quando ci siamo seduti per guardare la finale del mondiale di calcio nella stagione sbagliata, nel posto che sembrava inadatto, quasi tutti sognavamo che l'ultima stoccata fosse quella di Lionel Messi come avevamo fatto altre volte vedendo i grandi che affrontavano l'ultima scalata. Come per Dominguin nell'arena davanti al toro, sognando con Federer sui campi di tennis della sua gloria, con Muhammad Alì nel torrido dello Zaire su quel ring doveva voleva volare come una farfalla e pungere come un ape accettando le bordate di Foreman, di Kobe Bryant davanti al rinoceronte da abbattere per avere l'anello NBA nel basket prima che la sventura ce lo portasse via, la stessa cosa per Magic Johnson, Abdul Jabbar, per i grandi dell'atletica da Clarke e Jim Ryun, per Mennea o la Simeoni, per Thoeni nei Giochi di Innsbruck quando lo sfidavano gli altri della valanga azzurra, per Stenmark, per l'Ungheria del 1954, la banda dorata di Puskas che non perdeva da 4 anni e invece fu infilzata dalle corna della Germania in Svizzera nel quinto mondiale dedicato a Jules Rimet, per Federica Pellegrini quando ha nuotato l'ultima volta in una grande competizione.

L'ultima recita, il brindisi definitivo. Eravamo in tanti per Lionel Messi la pulce che aveva vinto tutto, ma non aveva mai conquistato un mondiale con l'albiceleste e per questo guardato con ammirazione, ma anche con sospetto, dicevano addirittura che gli mancasse qualcosa, cercando nei difetti della sua personalità di campione.

Tutti per lui o quasi. Ad esempio il medico argentino Diego Schwarzstein che lo ama alla follia, ma che non era fra i due milioni in sfilata per le strade di Buenos Aires perché questo terzo titolo mondiale farà dimenticare come sta davvero oggi l'Argentina. Lui il medico che gli diede l'ormone della crescita promettendogli che sarebbe diventato più alto di Maradona, fu così e quando da Rosario andò alla Masia del Barcellona a 13 anni il nano scoprì intanto che era diventato più alto di tre centimetri rispetto al suo idolo: 1.70 l'altezza dell'uomo che ha incantato tutti in un mondiale iniziato fra i sospiri e una stangata contro l'Arabia Saudita che mai avrebbe immaginato di vedergli indossare il bisht, il mantello trasparente nero, l'ordine della giarrettiera in quell'emirato, regalatogli da Taman Al Thani, suo datore di lavoro e protettore al Psg, mentre con il premio come miglior giocatore alzava anche la coppa che aveva baciato sfilando davanti al mondo e al suo compagno Mbappè.

Ci scuseranno i francesi se tifavamo perché fosse Lionel Messi, alla soglia dei 36, a fare l'ultimo dribbling vincente, a dare la stoccata quando è iniziata la tormenta sui calci di rigore. Debolezze dello spettatore professionista convinto che certe preghiere avrebbero aiutato il torero davanti al Miura più feroce nell'ultimo assalto. Ci è andata bene, è andata benissimo a lui che sognava da bambino un finale del genere anche se ha già deciso di andare avanti, non per altri palloni d'oro ne ha tantissimi, ma perché si diverte ancora e non vorrebbe smettere adesso che lo potrà fare da campione del mondo.

Certo che le finali sono crudeli soprattutto se si decide tutto all'ultimo atto, la gioia degli argentini è stata la nostra al mondiale, per l'ultimo Bearzot, per l'ultimo Lippi, così come la tristezza dei francesi è stata quella di Azzurra nel mondiale brasiliano a Pasadena perso ai rigori contro il Brasile.

Nel momento della verità devi fare una scelta e nello sport sembra umano schierarsi dalla parte del campione che domani non avrà altre occasioni. Non avremmo voluto essere Messi quando la Francia ha rimontato il 2 a 0 e poi quando Mbappè ha pareggiato per il 3 a 3 rimontando ancora una volta una prodezza della Pulce.

Ai rigori, guardando il guerriero Deschamps e il giovane Scaloni che aveva sistemato tante cose nella pulp fiction di un mondiale, ci siamo schierati ancora una volta dalla parte di Messi. Affetto non tifo. È andata bene.

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