Ora Mou «piange» ma il calcio UK non ride

LondraFino a qualche tempo fa era considerato un arrogante di successo, collezionista di trofei e provocazioni. Ora rischia la nomea di sleale manipolatore, esperto in delusioni, con annesse eliminazioni. Da Special One a Special Out . Senza mezze misure, come si addice al personaggio. Meno di due settimane fa José Mourinho correva sul prato di Wembley ubriaco di gioia. Il Chelsea aveva appena vinto la Coppa di Lega, interrompendo il suo digiuno personale di vittorie lungo 30 mesi. Un insopportabile sortilegio per un allenatore abituato alla vittoria compulsiva. Ma che ultimamente pareva aver smarrito il proverbiale tocco magico. Nell'ultima stagione spagnola si era dovuto accontentare di un trofeo poco più che simbolico, la Supercoppa nazionale. Di ritorno a Londra, nell'estate 2013, aveva sofferto una stagione da zero tituli . Non gli capitava dagli albori della sua carriera, una decade prima. La League Cup - aveva però assicurato Mou - avrebbe inaugurato una nuova gloriosa era. Macché. Al primo ostacolo i Blues sono fragorosamente caduti. Senza giustificazioni né attenuanti. Surclassati da un Paris Saint Germain ridotto in 10. Come ha correttamente riconosciuto lo stesso portoghese, pur azzardando una spericolata interpretazione sul perché l'inferiorità numerica abbia infine sfavorito i suoi.

Al netto delle chiacchiere, resta la prematura uscita di scena dall'Europa che conta. Resta l'improvvisa fragilità (soprattutto difensiva) di una squadra che sulla solidità ha costruito il primato in Premier. L'ultimo traguardo. Indispensabile, per rivalutare l'intera stagione, attraversata da piccole catastrofi (vedi l'eliminazione in Fa Cup per mano di una squadra di terza divisione, il Bradford). I 5 punti di vantaggio sul City, che ha giocato una partita in più, sono un margine di sicurezza. Ma che non basta a risollevare l'umore, nerissimo, del patron Roman Abramovich, ossessionato com'è dalla Champions.

Eppure capita che anche i ricchi piangano. Ricoperti d'oro dalla Premier League, i club inglesi (non solo il Chelsea) si sorprendono inadeguati in Europa, e rischiano di restare esclusi dai quarti di Champions (dando quasi per scontate le prossime eliminazioni di Arsenal e Manchester City). Come già capitato due anni fa. A testimonianza di una tendenza negativa non nuova. Perché se nel triennio 2006-2009 erano stati 11 i club a raggiungere l'élite delle migliori otto d'Europa, nei tre anni successivi il numero si era già dimezzato (6). Nelle ultime tre stagioni, il ragguaglio è poi stato addirittura sconfortante.

Sarebbe avventato processare il sistema-calcio di Sua maestà, tanto più alla vigilia del nuovo contratto per la cessione dei diritti tv che garantirà alla Premier oltre 7 miliardi di euro fino al 2019. Eppure l'equazione soldi-successo sembra non funzionare più così automaticamente. E non può essere solo sfortuna o cospirazione arbitrale.

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