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Paltrinieri è una garanzia: l'oro più lungo resta suo

L'azzurro tra felicità e sollievo: «Gara dura Romanchuk mi stava addosso, sono stato astuto»

Paltrinieri è una garanzia: l'oro più lungo resta suo

A un certo punto la testa ha preso a girare e il mondo si è capovolto e «non sapevo più dove fossi, ad ogni virata era come se mi perdessi». Il mondo, quel mondo, Greg Paltrinieri l'ha raddrizzato duecento metri dopo, quando ha toccato davanti all'ucraino Romanchuk e «sono tanti i giovani che vengono su e provano a battermi però alla fine sono sempre io a mettere la mano per primo, sono io cattivo».

Il giovane ucraino è un classe '96. Il vecchio Gregorio è un classe '94. Nell'ultra mondo del nuoto due anni significano due generazioni. Per questo il suo secondo titolo iridato consecutivo nei 1500 è impresa preziosa e rara. Per tutti i paesi e per il nostro di più. Nel 2005 e 2007 era riuscita a Filippo Magnini nei 100 stile; nel 2009 e 2011 a Fede Pellegrini nei 200 e 400. Grazie a questo successo l'Italia porta a sedici il bottino di medaglie, tre gli ori in vasca, facendo meglio di Kazan 2015 e perdipiù senza aver potuto contare sull'aiuto della pallanuoto rosa e azzurra. Ieri sera è solo mancato sul podio Detti, quarto dietro al bronzo australiano e altro grande amico di Greg, Mack Horton. Quattordici minuti 35 secondi e 85 per Paltrinieri, 14'37''14 per l'ucraino, lontano Gabry «che non ero alla frutta, ero al dolce, al caffè, all'ammazza caffè... e mi sa che in futuro forse non farò più la distanza più lunga», lascia intendere.

Un millecinque non alla Greg, «il più difficile che abbia mai affrontato, per questo ho dato quel pugno nell'acqua, avevo solo voglia di gridare...», confida il campione del mondo con gli occhi grandi da cerbiatto di quando è terribilmente stanco e terribilmente sollevato. Perché non è pura felicità quella del campione, è felicità mista a sollievo. «Per vincere ho dovuto agire di astuzia - rivela - e lavorare d'intelligenza, perché lui mi stava sempre addosso, invece di solito stacco tutti e via». Ancora: «Solo poi controllo. Così, ogni tanto provavo ad accelerare di colpo, a strappare, solo che Romanchuk faceva lo stesso...». E' felice e sollevato Greg, felice per una gara che dopo la delusione degli 800 aveva anche pensato di poter perdere. «È incredibile, come a Rio, alla vigilia, ho avuto tanta paura di non farcela. Ancora nel pomeriggio, in camera, ero lì a domandarmi ma Greg, perché non dovresti vincerli questi 1500, che cosa temi? Che cosa non hai, forza, dai?'' Alternavo un'improvvisa euforia che mi faceva pensare massì, ce la farai, ci mancherebbe altro'', a veri stati di ansia...». È felice e sollevato Greg perché anche stavolta non ha mancato l'appuntamento con la sua gara e nessuno potrà storcere il naso.

La verità è che il bronzo negli 800 e il sogno svanito di migliorare l'argento di due anni fa avevano lasciato il segno. «Sì, per la distanza più corta ero arrivato carico di aspettative, convinto di poter fare bene e invece era andata come sappiamo... E allora eccomi a domandarmi ma le mie aspettative di adesso per i 1500 saranno giuste? O sono come quelle che avevo per gli 800? E perché dovrei commettere un'altra cavolata come in quella gara?''. Invece, per fortuna è andata bene».

Oddio. Fortuna. Di fortuna se ne è vista poca con l'ucraino in corsia 4 sempre sull'onda giusta a risparmiare energie e capace ad ogni virata di recuperare quel poco che Paltrinieri, in corsia cinque, aveva appena preso a centro vasca. È andato avanti così fino ai 1300, questo 1500 tirato, con Greg ininterrottamente primo dai 150 metri e spesso sotto il record del mondo del cinese Sun Yang. «Faccio sempre così, anche a Rio, sotto il primato prima e sopra poi», sorride lui. «Però questi nuovi atleti che arrivano, magari mi aiuteranno a tirare ancora di più per andare a prendere il record... Anche se a me piace molto di più nuotare in solitaria, staccare tutti e via. Mi carica, mi fa sentire che sto andando bene, e poi io lo so che se arrivo agli ultimi 50 appaiato ad un altro, alla fine perdo. Ecco perché ai 1300 ho dato quello strappo che Romanchuk non è riuscito a reggere...». E la testa ha preso a girare e il mondo a roteare e «ho sofferto, sì, è stato il mio oro più sofferto», ammette mentre se lo portano via.

Gli resta solo il tempo di sgranare di nuovo gli occhi alla notizia della Ferrari perché «non lo sapevo della doppietta qui a Budapest ed è bello, sono felice. Ci abbiamo entrambi messo il cuore ed entrambi ci siamo tolti un peso».

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