Ha finita la siesta, e ora sogna la fiesta. Mikel Landa, 26 enne corridore basco, ex compagno di Nibali in Astana e da quest'anno punta del team Sky, sogna di poter far saltare il banco, dopo aver sfiorato il colpaccio un anno fa, quando frenato a più riprese per stare vicino a Fabio Aru e debilitato da una gastroenterite, alla fine è riuscito ad arrivare sul podio, alle spalle di Alberto Contador e del suo capitano. Non chiedetegli però se quel terzo posto è un piazzamento frustrante, vi risponderà semplicemente con un sorriso, oppure: «Quest'anno ho una squadra tutta per me e sono pronto per migliorami».
È la prima volta che corre un grande giro con un team di assoluta grandezza e con il peso del pronostico: spaventato?
«No, tutt'al più sono curioso di vedermi all'opera. Non ho mai gestito una corsa di tre settimane, nè una squadra né tanto meno la pressione».
Nibali, Valverde, Dumoulin, Majka, Uran, Chavez lei dove si mette?
«Io spero di essere lì con loro, dall'inizio alla fine. Questo è quello che spero di fare e francamente sento di avere la forza di poterlo fare».
Il faro della corsa?
«Senza dubbio Vincenzo (Nibali, ndr): è il più forte di tutti, l'uomo che sa come si vincono i grandi giri. Ha classe, talento e mentalità vincente. Io lo conosce bene, e so che è in grado di fare qualsiasi cosa, ma noi faremo in modo di non portarlo in carrozza a Torino. Siamo qui per rendergli dura la vita».
Intanto lei l'ha già battuto al Giro del Trentino
«Era una prova generale di quattro giorni, fa bene al morale, ma per una corsa come il Giro significa davvero poco. Lì, in Trentino, Vincenzo era ancora molto ingolfato. Io so quanto si allena, e so soprattutto come cambia quando sente che la posta in palio è alta».
Lei sulla carta non è un grande cronoman: quanto è preoccupato per le prove contro il tempo che presenta il Giro?
«Sono il mio punto debole, su questo ci ho lavorato tanto questo inverno. Ma vi ricordo che sono basco e i baschi vanno molto forte in montagna. Più dure sono e meglio è per me».
Cosa significa per lei essere basco?
«È un'identità, un modo di essere e presentarsi. Sono un duro, molto orgoglioso, amo la battaglia e mi girano parecchio se le cose non vanno come dico io. Insomma, sono basco».PAS
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