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Piace la coppa che ribalta la Champions

di Franco Ordine

C he coppa Italia, ragazzi: un vero ciclone. In tre giorni ha spazzato via dalla scena delle semifinali le prime 4 della classe, certificate dalla partecipazione alla Champions e (eccetto la Roma) dall'attuale classifica. Le spiegazioni sono diverse ma si possono così riassumere: hanno pagato in un caso (Juve) l'assenza di molti titolarissimi e una condizione scadente, in un altro (Napoli) le scarse motivazioni e qualche distrazione da mercato (Allan, Hamsik); per la Roma, seppellita di gol dalla Fiorentina, un caos tattico aggiunto alla poca adesione alle idee dell'allenatore; infine per l'Inter è evidente l'assenza assoluta di idee e di gioco. Sono tutti problemi che si possono risolvere già col prossimo turno di campionato o tra qualche settimana e quindi non è ipotizzabile una rivoluzione dello stesso tipo anche in campionato dove la dittatura di Allegri, circondato dai soliti veleni e dai pregiudizi del popolo juventino, è fuori discussione. Per la prima volta, dopo anni, la finale di coppa Italia può accreditare una novità che nel caso, per esempio, dell'Atalanta di Gasperini, diventerebbe piacevolissima, una ventata d'aria nuova capace di soffiare anche sul resto del movimento. Già perché i modi con cui Zapata e soci hanno strapazzato la Juve mercoledì sera non sono quelli tipici da serata speciale e unica. Si è rivisto invece lo stesso eretismo podistico (per citare Giuanbrerafucarlo) con cui ha rimontato domenica sera la Roma avanti di 3 gol addirittura. Alla luce di questi sorprendenti verdetti, fa anche discutere quel gesto di Spalletti (il segno della croce) in occasione del rigore di Icardi allo scadere dei tempi regolamentari.

Avere fede è indubbiamente una ricchezza di spirito ma avere solo fede dinanzi a un calcio di rigore è forse un equivoco poiché bisognerebbe preparare prima uno straccio di gioco e poi chiedere, eventualmente, la clemenza del cielo sugli eventi calcistici.

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