Persa la partita, Conte pretende che resti la rabbia per la sconfitta. Anche lui, soprattutto lui, sa però che il ko di Barcellona è uno snodo importante nel processo di crescita della sua squadra. Il prossimo è immediato, forse un po' troppo vicino, ma non rimandabile: domenica sera non basterà giocare alla pari con la Juventus, occorrerà batterla. E a quel punto il futuro offrirà, offrirebbe, altre prospettive. Tornerà Lukaku, e si sapeva. Resta il dubbio di quel che il gigante nero avrebbe potuto fare nel primo tempo del Camp Nou, insieme con la certezza che sarà il primo pericolo per Sarri. Doppia opzione al suo fianco: quella scontata (Martinez) e quella ardita (Sensi più Politano).
E intanto l'Inter cresce e da una partita all'altra, il paragone con la prima Juventus di Conte non è poi così azzardato. Due portieri esperti e molto forti (con l'eclissi di Buffon, da anni Handanovic è il numero 1 dei numeri 1 della Serie A), due difese affidabili, qualità e corsa in mezzo al campo, forse solo in attacco la differenza è netta: quella Juventus non aveva un tipo alla Lukaku, questa Inter non ha Del Piero, per quanto allora a fine corsa. Globalmente, nei singoli, l'Inter di oggi sembra più forte della Juventus del 2011: meno stelle, ma ugualmente meno gregari, per un livello medio superiore.
Qui il progetto di squadra è nato intorno alla difesa a 3: preso Godin, metterlo accanto a De Vrij e Skrniar per avere i 3 centrali più forti del campionato è stato semplice, per non dire obbligato. A Torino fu diverso: Conte arrivò alla difesa a 3, partendo dalla linea a 4, con Lichtsteiner sempre in campo sulla destra e Chiellini a sinistra (se non in panchina, lui o a rotazione uno tra Bonucci e Barzagli). Alla BBC si passa definitivamente nella seconda metà di stagione e non si cambierà più per anni (nemmeno nel dopo Conte).
Simbolo, tra i tanti, di quella Juve, fu certamente Andrea Pirlo: fuoriclasse assoluto, scaricato dal Milan a 32 anni, vive a Torino e grazie a Conte una seconda giovinezza, che gli regalerà altri 4 scudetti. Stefano Sensi ha un'altra storia, sostanzialmente tutta da scrivere, 24 anni appena compiuti, ma personalità da vendere: Conte ci ha messo niente per affidargli le chiavi della squadra. Regista aggiunto, incursore, battitore e goleador: anche a Barcellona ci è andato vicinissimo. E poi Barella, che può essere Vidal (decisivo il suo ingresso in campo a Barcellona) oppure Marchisio (ieri l'annuncio dell'addio al calcio, dopo 7 scudetti, 389 partite e 37 gol nella Juventus). E magari Politano il nuovo Giaccherini.
A Conte i giocatori di quantità sono sempre piaciuti tanto: da Giack e Pepe, a Candreva, D'Ambrosio e Asamoah, che ha allenato anche a Torino (ma dal secondo anno). Domenica probabile che torni D'Ambrosio, visto il gran correre di Candreva al Camp Nou, ma sono dettagli.
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