Primo atto d'accusa contro i “trombettieri:” "È stato rotto il codice"

De Jong: "Lo spogliatoio è un santuario, non devono uscire le discussioni. Siamo uomini, non bambini"

Primo atto d'accusa contro i “trombettieri:” "È stato rotto il codice"

Milanello - Caro De Jong, è il primo anno da protagonista: non è mai troppo tardi...
«Non ho mai dubitato delle mie qualità, sono tornato dall'infortunio più forte e più determinato di prima. Adesso c'è il derby che può cambiarci la vita, spero che i nostri tifosi ci sostengano».

A proposito degli ultrà: lei e Kakà siete stati gli unici stranieri a entrare nel ristretto elenco dei milanisti degni.

«Il rapporto con i tifosi, che pagano e hanno voglia di vedere del buon calcio, è importante. Se loro rispettano me, io rispetto loro: quando dai il 100% non devi temere nessun confronto. Dopo Parma sono venuti a discutere con noi, io non amo parlare molto».

Funziona così anche all'estero?

«Altri costumi, altre abitudini. Qui in Italia c'è maggiore emotività, la cultura è diversa».

Cosa non ha funzionato quest'anno nel Milan?

«Quest'anno abbiamo avuto grandi problemi, in alcuni momenti siamo stati slegati, non una squadra. Il passaggio da Allegri a Seedorf, col cambio di filosofia, ha complicato la situazione. Per me il Milan è una squadra top, da primi due posti: se i risultati non sono adeguati, a fine stagione tutti devono mettersi davanti allo specchio e chiedersi il perché. Se non hanno dato il 100% è difficile ottenere risultati».

Il nuovo sistema di gioco voluto da Seedorf aiuta o complica la vita?

«Il problema principale non è tattico ma la testa. Abbiamo giocatori per realizzare il nuovo modulo, e tutti abbiamo il dovere di applicarlo. Se poi non sei portato, alla fine della stagione chiedi alla società di andare via».

Conosce da anni Balotelli: lo ha trovato diverso a Milanello rispetto a Manchester?

«Ho colto in lui un grande cambiamento, e in positivo tra l'altro. Ai tempi del City ha fatto molte cose strane, qui la gente non fa altro che parlare di Mario, è al centro dell'attenzione. Dovrebbe usare il paraocchi».

Veniamo al tema del giorno: ma questo Seedorf che razza di allenatore è?

«Fare l'allenatore è un mestiere diverso da quello del calciatore. Lui ha appena cominciato, solo 4 mesi, sta imparando, forse parla un po' troppo, deve fare esperienza eppure è un vincente, ama il Milan e sa come si porta la maglia rossonera».

Il derby dell'andata finì con una sconfitta meritata: quali gli errori commessi?

«Il derby è una partita particolare, allora l'affrontammo con la filosofia di Allegri. Abbiamo capito gli errori commessi. Uno su tutti: eravamo in crisi affrontando la squadra con una sola punta, Palacio, e i centrocampisti che entravamo da dietro. Adesso sarà un'altra musica: sono cambiati loro, siamo cambiati noi».

Altro tema sensibile: dicono che siete divisi in gruppi, che ci sia una generale insoddisfazione per i metodi di Seedorf. De Jong, cosa succede a Milanello?

«Per me lo spogliatoio è qualcosa di sacro, una specie di santuario, come il Vaticano per capirci con gli italiani. All'interno possono verificarsi delle discussioni, è assolutamente normale, non è mai un problema ma non deve uscire niente perché dobbiamo fidarci uno dell'altro. Se invece riporti all'esterno i nostri discorsi che finiscono sui media, allora hai rotto un codice. Siamo uomini, non bambini!»

A De Jong si può abbinare la famosa canzone “una vita da mediano”: è contento?

«C'è soddisfazione a lavorare duro per gente come Balotelli e Kakà: io la penso così. D'altro canto ho cominciato da attaccante, poi sono diventato difensore e adesso centrocampista: li ho girati tutti i ruoli, non posso più cambiare. Non mi sono mai considerato il migliore, di sicuro uno che lotta».

Che impressione le ha fatto l'eliminazione della Juve?

«Sono cose che accadono nel calcio e che non tolgono molto allo spessore della Juventus. Anche perché il Benfica che è andato in finale non è mica una squadra di basso rango. Semmai la sorpresa vera è la batosta che ha preso il Bayern Monaco in Champions league».



È stata decretata la morte del tiki taka di Guardiola: condivide?

«Alla fine conta sempre e soltanto il risultato, si può vincere con qualunque sistema. A me piace l'Atletico: è una squadra di gladiatori. Puoi fare tutto, pensate a Mourinho: gli hanno detto che giocava col pullman davanti alla porta».

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