C'è una squadra ferita dalla batosta europea che vuole dimenticare e ripartire. E ce n'è un'altra che sogna e vuole continuare a farlo. Ma Roma contro Sampdoria è molto, molto di più. È, a sorpresa, per merito della Samp, la sfida tra la seconda e la terza forza del campionato. È l'incrocio tra due allenatori, Rudy Garcia e Sinisa Mihajlovic, di grande personalità, di quelli che in una squadra sanno fare la differenza. É anche l'incrocio tra due modi di vedere e vivere il calcio: lo stile politically correct del presidente giallorosso James Pallotta, un americano a Roma, e quello ruspante e verace di Massimo Ferrero, un romano (e romanista dichiarato) a Genova.
Va bene che di fronte c'era il Bayern Monaco di Guardiola, banda di fenomeni che quando è in serata diventa inaffrontabile. Ma la Roma ne ha presi 7 e il contraccolpo sul morale c'è stato eccome. Garcia allontana la delusione e guarda oltre. Forte del coro dei tifosi giallorossi dopo la mazzata in Champions «vinceremo il tricolore», sentenzia: «Le grandi vittorie possono essere costruite sulle peggiori sconfitte». E allora, si guarda avanti. «La sconfitta col Bayern Monaco non cancella nulla di quanto fatto da inizio stagione. Abbiamo voltato pagina, questo è un libro differente, e dobbiamo fare subito una grande gara - ha detto - Andremo a Genova per vincere, mi aspetto una squadra ambiziosa».
Ma ambiziosa è anche la Sampdoria di Mihajlovic, uno che con le citazioni filosofiche più o meno dotte va a nozze. Dopo Kennedy e Che Guevara, per l'occasione ruba una frase a Ugo Tognazzi: «Uomo ottimista è colui che ordina le ostriche, sperando di pagarle con la perla trovata». Che c'entra? Lo spiega lui. «Loro sono più forti ma io sono ottimista e voglio battere la Roma. Giocano il miglior calcio d'Italia ma in casa nostra possiamo batterli. Basterà che giochiamo da Sampdoria». E cioè con quello spirito e quella grinta propri dell'allenatore, che ha portato a sorpresa una squadra buona ma senza fenomeni in rosa, sino al terzo posto in classifica. Un'impresa che Sinisa, non ha caso corteggiato da top club come Inter e Napoli «sono l'allenatore della Samp, non mi interessano queste chiacchiere», chiosa, vuole continuare a portare avanti col sogno Europa nel mirino.
Ma stasera in tribuna al Ferraris molti occhi saranno puntati su Massimo Ferrero, patron blucerchiato. Se il presidente della Roma è un «moderato» come Pallotta, uno che nell'infuocato post Juve-Roma fa il pompiere e calma tutti, «er viperetta» è uno che dice quel che pensa e pensa di tutto. E di più. Verace, pittoresco, colorito. A volte sgrammaticato, altre al limite del buongusto. Ma vero e autentico fino all'eccesso, nel bene e nel male. Si parla di Sla? E lui devolve l'incasso di Samp-Torino alla ricerca. Alluvione a Genova? E lui stressa il Palazzo del calcio perché si adoperi concretamente a favore della città. C'è la partita? E lui si agita come un ossesso, non sta fermo un attimo, grida e fa gli scongiuri. È romano, è romanista. È arrivato a Genova come un ciclone e finora il suo entusiasmo dilagante ha contribuito a portare in alto, ben oltre le aspettative, la Sampdoria.
Se Pallotta dopo il Bayern tranquillizza «un incidente verso la gloria», Ferrero impazza su Twitter e spara: «Gli facciamo tre gol e li salutiamo» e a chi, romanista, gli scrive «presidè, ne prendete 3», risponde: «Poesse, ma voi 4. Ciao bello de casa».Okaka contro Gervinho? Gabbiadini contro Totti? Certo. Ma in questo Sampdoria-Roma c'è molto, molto di più.
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