Roma - La settima meraviglia della Juventus è realtà: così si entra nel mito. Dopo una settimana di celebrazione di uno scudetto virtuale con annessa la vittoria della coppa Italia, la Signora ha dato l'ultimo punto per cucirsi definitivamente lo scudetto sulla maglia. Il titolo numero trentaquattro, trentasei nella numerologia bianconera che si riassegna i due titoli dell'era Calciopoli, dei sette consecutivi è quello che sintetizza al meglio la storia bianconera. Delegittimato dagli avversari tra polemiche e veleni, ma meritato sul campo come dicono i numeri di un attacco mai così micidiale nella serie d'oro e di una difesa al solito fortino. E poi la capacità della squadra e dei singoli di cogliere l'attimo nei momenti cruciali. Senza dimenticare la forza di una società che esalta la mission vincere è l'unica cosa che conta. Fino alla fine.
E' uno scudetto che arriva in fondo a una cavalcata passata per metà a inseguire prima l'Inter e poi il Napoli. La storia diventa leggenda in una primavera tra le più pazze. Dal pareggio di Crotone allo scontro diretto perso fino al colpo decisivo piazzato in un derby d'Italia che non si ricordava così avvelenato da Ronaldo-Iuliano. La Juventus vince come se fosse un atto dovuto in una stagione destinata a lasciare il segno sul futuro: Massimiliano Allegri sembra pronto ai saluti, uno tra Higuain, che non ha digerito l'esclusione in coppa Italia, e Dybala potrebbe essere al passo d'addio, Buffon invece è al capolinea.
Ecco perché la festa di Roma ha una punta di malinconia, come se si fosse arrivati alla fine di un lungo viaggio, la sensazione di un'era che si esaurisce naturalmente. Il fischio finale di ieri sera è una liberazione in quella che può essere considerata la seconda casa della Signora, che in quattro giorni balla due volte sul prato dell'Olimpico, dove il club bianconero ha festeggiato addirittura dieci titoli, più delle squadre romane se si pensa che qui i giallorossi hanno alzato otto trofei. Roma per la Juve è una sorta di Mecca, un pellegrinaggio spesso redditizio. Ci ha scritto record, lo scudetto dei centodue punti di Conte, e sfatato maledizioni, qui ha alzato l'ultima coppa Campioni.
Stavolta si trattava solo di mettere nero su bianco lo scudetto. Con la Roma aritmeticamente in Champions complice lo scivolone dell'Inter con il Sassuolo, la sfida che al momento dei calendari poteva essere il match-scudetto, si è ridotta a poco più di una passerella. Dzeko e Nainggolan hanno spaventato subito la Signora in versione trazione anteriore. La squadra di Allegri distratta dal clima di feste romane, si è limitata a trotterellare con un paio di progressioni di Bernardeschi e Higuain, più un gol in fuorigioco di Dybala. Ripresa all'insegna del volemose bene, tranne che per Nainggolan, uno che quando vede bianconero va spesso fuorigiri nel bene e nel male. Stavolta nel male perché riesce a farsi cacciare in una partita come quella di ieri sera. Dopo l'uscita del belga, praticamente inizia il conto alla rovescia della Signora, che di fatto gioca le ultime due partite più difficili in superiorità numerica, anche se il peso specifico di quella contro l'Inter è ovviamente altra cosa.
La Juve si accontenta del punto scudetto, quello che serviva per diventare la migliore della gestione Allegri. Solo così i bianconeri hanno potuto avere la meglio sul Napoli che si è arreso sul più bello e ieri sera ha vinto inutilmente in casa della Sampdoria. Finisce con un palleggio, perché pareggio doveva essere e pareggio è stato. Anche se non c'è stato bisogno del biscotto perché la Roma aveva già in tasca il suo obiettivo, la Champions.
Il triplice fischio dà inizio a un'altra festa bianconera a Roma. Sempre più la seconda casa della Signora. Che dopo aver fatto la storia con il quinto scudetto, scritto la leggenda col sesto, entra nel mito con la settima meraviglia consecutiva.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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