Tevez, il bomber dei quattro mondi

Giocare con i numeri non porta a granché, ma può essere divertente. Così, dopo avere battuto allo Stadium anche il Parma centrando la quindicesima vittoria su altrettanti impegni casalinghi dell'attuale campionato (record), la Juventus si coccola l'81 e il 18. Ovvero: i punti che ha in classifica al momento, quota mai raggiunta da nessuna squadra italiana dopo trenta giornate, e le reti segnate da Carlos Tevez. Otto e uno, uno e otto: da qualunque lato li si legga, sono numeri che evocano dolci pensieri e altrettanto piacevoli scenari. Perché a questo punto nemmeno il più catastrofico dei pessimisti può pensare che i bianconeri non si riconfermino campioni d'Italia né che l'Apache non possa arrivare a fine stagione con in tasca anche il titolo di capocannoniere. Intanto, l'uomo che ha ereditato la maglia di Del Piero è davanti a tutti pur essendo chiaro che non si tratta del classico centravanti che vive per il gol: quando però viaggia dalle parti della porta avversaria, sa come buttarla dentro. Al primo anno in Italia Tevez ha già fatto meglio di tanti illustri predecessori che, appena sbarcati nel nostro Paese, si sono fermati qualche gradino prima: Maradona per esempio segnò 14 reti nel 1984-85 (anche se la serie A aveva sedici squadre), Batistuta 13 nel 1991-92, Platini e Ibrahimovic 16 rispettivamente nel 1982/83 e nel 2004/05. E se immaginare di raggiungere i 28 gol di John Charles e Josè Altafini risalenti a fine anni '50 pare un po' troppo, acchiappare Zico (19) non lo è per nulla: a quota 24 ci sarebbe poi Shevchenko e un gradino ancora più su Ronaldo.
Chissà. Nel frattempo, la doppietta segnata contro il Parma ha permesso a Tevez di dare una bella lustrata alla media gol generale: al momento ne segna uno ogni 124', meglio anche dei 132' della stagione 1997/98 di Filippo Inzaghi, ovvero il bomber più prolifico del passato recente juventino. Davvero non male, per uno arrivato qui con la fama del piantagrane e che invece è entrato subito in sintonia con Conte: a Torino ha fatto anche nascere il suo terzogenito, alle porte della città gioca a golf - non proprio il passatempo che ti aspetti da uno cresciuto in un quartiere tra i più difficili di Buenos Aires, dove «ho dovuto scegliere se fare il delinquente o il calciatore» - e l'unico vezzo che si è concesso è una pettinatura con simil cresta all'uscita degli spogliatoi dopo le partite.
Sta imparando pian, piano, l'italiano, è costato quasi un tozzo di pane (9 milioni, più sei di bonus) e, dopo avere vinto i tornei nazionali ovunque abbia giocato - dall'Apertura 2003 in Argentina con il Boca al campionato brasiliano nel 2005 con il Corinthians, fino alle tre Premier con Manchester United (2008, 2009) e City (2012) - si appresta a conquistare l'Italia e il “quarto mondo”. «Conosco solo i calciatori con cui gioco, non guardo tanto calcio in tv - ha raccontato -. Non mi piace vedere le partite, adoro giocarle. Il tempo libero? Con i miei figli».

Magari strimpellando un po' di chitarra, aspettando che il ct argentino Sabella cambi idea e lo (ri)chiami in nazionale. «Dipende da lui. Se non lo farà, mi rilasserò giocando a golf e andrò in vacanza con la famiglia». Un ex ribelle, ecco.

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