L'ultima goccia di cianuro è stata la passerella negata al capitano a San Siro. Dove, per salutare Totti, erano arrivati grandi campioni come Maldini e Baresi e dove il pubblico milanista gli aveva dedicato uno striscione. «Sono stato offeso ogni volta che l'ho messo negli ultimi 5 minuti, mettiamoci d'accordo», è sbottato Spalletti nella pancia dello stadio di Milano. Chiudendo di fatto il suo rapporto con i giallorossi con la frase choc: «Tornassi indietro, non verrei alla Roma».
Proprio il club di Trigoria è quello che perde in un duello rusticano senza vincitori. Quindici mesi dopo l'inizio della tenzone con un epilogo che poteva essere scritto prima, complice una dirigenza che non ha mai preso una posizione davanti alle schermaglie tra il 10 e il tecnico. Che hanno finito per logorare entrambi. Da una parte Spalletti che al suo ritorno a Roma aveva chiesto che fosse fatta chiarezza col capitano («gestisco il giocatore, non la sua storia», il suo refrain), dall'altra il tottismo - molto più che Totti -, la corrente di pensiero sull'indubbia classe di Francesco che avrebbe meritato un diverso trattamento nell'ultimo anno.
Da Boston il patron Pallotta si è schierato con il tecnico per quanto avvenuto a San Siro: «Spalletti ha fatto il cambio giusto, stiamo lottando per la Champions. Non potrei biasimarlo se dovesse lasciare la Roma, i media scrivono sciocchezze ogni settimana. Aspettate la fine della stagione perchè avrò molto da dire, vi racconterò tutta la storia».
E intanto un tifoso amante del calcio presente a San Siro ha pubblicato su Facebook una lettera aperta al tecnico: «Caro Spalletti, mio figlio non ti perdonerà mai per non aver messo in campo Totti. Hai perso una grande occasione». Come la Roma ha perso, in un colpo solo, il capitano-bandiera e l'allenatore-guida.
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