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Tristezza Milan, i fischi spengono le candeline

Ieri il club ha compiuto 116 anni, oggi c'è la Samp. Miha: «Non commento più le dichiarazioni del presidente»

Tristezza Milan, i fischi spengono le candeline

Si sentono tutti i 116 anni festeggiati senza brindisi ieri dal vecchio e glorioso Milan, precipitato in un pozzo nero di risultati, da tre anni alle prese con affanni, tormenti e ritardi clamorosi. Per ricordare l'evento, in una settimana cupa e limacciosa, alla vigilia della sfida di coppa Italia con la Samp, il sito ufficiale ha fatto lampeggiare per tutto il giorno un paio di frasi, definite le stelle polari del club.

Non sono state scelte a caso. La prima, del fondatore Herbert Kiplin, è quella sui colori, la seconda molto più recente e simbolica, di Silvio Berlusconi che raccolse una società sull'orlo del fallimento promettendo «di farlo tornare con stile, con classe, con cuore, sulle scene nazionali e internazionali per ridare al Milan la sua tradizione». «Bisognerebbe farla sentire a Milanello tutti i giorni» la chiosa di un addetto ai lavori che ha vissuto la strepitosa epopea berlusconiana adesso immalinconita dall'ennesimo bivio di stagione scandito dai lamenti di Mihajlovic per gli errori arbitrali e dalle paure di qualche giovane esponente.

«Io vedo una gran voglia di lavorare, il gruppo è unito, la qualità è aumentata rispetto a un anno prima, il tecnico ci guida, manca pochissimo per tornare il Milan di una volta» è la visione ottimistica di Christian Abbiati, uno dei pochi superstiti del Milan collezionista di Champions. Per effetto di questo triste compleanno e forse anche per ricacciare indietro i fantasmi di un possibile esonero («non mi faccio prendere dall'ansia» la candida confessione dell'interessato), Sinisa Mihajlovic è stato il primo a cogliere la lezione dopo la sfida col Verona. «Non commento più le dichiarazioni del presidente» il proposito. Il secondo è un brutale cicchetto rivolto ai suoi: «Non bisogna lasciarsi condizionare né dai fischi né dalle critiche altrimenti meglio cambiare mestiere e fare il ragioniere».

E se poi proprio Abbiati è pronto a ricordare che «un tempo c'era Seedorf che chiedeva di passargli la palla quando San Siro lo fischiava», è evidente che qualche nostalgia per quella magnifica generazione di campioni e leader resiste. Per ritrovare la strada maestra c'è un solo modo.

«Bisogna vincere le partite» ha ricordato alla fine Mihajlovic, pronto anche a sventolare i numeri che assolverebbero il suo staff (contro Carpi e Verona 35 tiri e un solo gol, 11 dei quali in porta, ben 24 fuori), a dimostrazione che non è il copione a risultare carente, semmai la mira dei rossoneri, i loro affanni, le loro insicurezze.

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